Leggere: sempre un piacere, mai un dovere

di Nadia Ubaldi

Sull’importanza della lettura, sugli effetti positivi che ne derivano nei bambini, negli adolescenti e, in generale, negli individui di ogni età, si è detto di tutto e di più. Chi ha dimenticato, tra le reminiscenze dell’infanzia, il monito degli insegnanti – e magari dei genitori – “devi leggere di più”? Per imparare a scrivere meglio, per arricchire il lessico, per ampliare i propri orizzonti… e per mille altre comprovate ragioni. Tutte validissime.

Ma la lettura è davvero un obbligo? E per le persone adulte e mature? Ammettiamolo, quanti adulti pensano che leggere sia un modo per non sfigurare davanti agli altri, per dimostrare di essere “informati” e al passo con i tempi, con le mode, con le tendenze? La lettura di qualunque libro, classico o contemporaneo, è interpretata oggi dai più come un biglietto d’ingresso in società, o per dirla meglio come un ascensore sociale. Ma in realtà non è nulla di tutto questo.

C’è un libro che, meglio di qualunque altro, può guidare gli adulti, e in particolare gli educatori, sul sentiero della lettura intesa come enorme piacere, come nutrimento dello spirito: provate a leggere “Come un romanzo” di Daniel Pennac. Soffermatevi sulla storia di quel professore che entrava in classe con uno zaino pieno di libri, diceva ai suoi alunni di mettersi comodi, di rilassarsi e predisporsi all’ascolto; e iniziava a leggere i più grandi capolavori della letteratura davanti ai volti stupefatti dei suoi studenti, che non si perdevano nemmeno una parola. Così a quegli adolescenti i più bei romanzi di ogni tempo venivano somministrati non con il contagocce, ma a gran bicchieroni.

Già, il contagocce infatti serve a propinare una medicina, un rimedio per un male, mentre il bicchierone bevuto ad ampie sorsate indica il soddisfacimento di un’esigenza primaria, imprescindibile, vitale: la sete! Questo dovrebbe essere per ognuno di noi la lettura, in barba a tutti i passatempi che oggi vanno di moda  o fanno tendenza: l’otium per eccellenza, quello che nelle fredde serate d’inverno ci fa venire quell’irresistibile desiderio di  rifugiarci sotto le coperte per finire quel capitolo tanto piacevole… quelle pagine che la sera ci fanno distrarre dai pensieri frenetici di una giornata di lavoro; oppure uelqu quel romanzo arioso e leggero che d’estate ci tiene compagnia sotto l’ombrellone, magari quando in spiaggia c’è poca gente e la nostra lettura è cullata solo dal mormorio del mare… E così, senza accorgercene, con quel fedele amico tra le mani, beviamo a gran bicchieroni mille avventure romanzate, mille curiosità culturali, infinite riflessioni di vita;  e più tardi, ripensandoci, ci rendiamo conto di  avere imparato qualcosa in più del mondo e ci sentiamo un po’ più ricchi.

In questo momento così critico in cui siamo stati privati di relazioni sociali, svaghi e divertimenti, è forse il caso di chiedersi se non valga la pena esplorare più a fondo la nostra interiorità, ricercare noi stessi negli insegnamenti di qualche libro: “In te ipsum redi”, ammoniva sant’Agostino ricordandoci che la verità abita dentro di noi. Chissà, forse non tutto il tempo trascorso in solitudine è sprecato: forse alla vita mondana è subentrata una parentesi di vita interiore che in qualche modo è destinata ad arricchire noi stessi e gli altri. La lezione dei grandi del passato, del resto, non va dimenticata: diceva Seneca che si può essere utili alla società anche nell’otium filosofico e letterario, usando bene il tempo che ci è stato dato per completare il nostro spirito.

Tutto questo, ogni tanto, diciamolo anche ai nostri ragazzi, ai nostri figli, a tutti i giovani: diciamoglielo in un momento in cui sono lontani dal frastuono di quest’era tecnologica che risuona come un delirio di onnipotenza: c’è ancora tanto da imparare con un libro in mano.

Leggere in cartaceo o leggere in digitale? Nessuna differenza, indubbiamente, purché si legga, e soprattutto purché si legga qualcosa di sano. Però ricordiamoci che il cartaceo ha un prezzo inestimabile: si tocca delicatamente, si annusa, conserva il ricordo di qualcuno che lo ha sfogliato prima di noi e ce lo ha prestato. È lo scrigno in cui magari rinchiudiamo qualche dolce segreto del nostro passato… chi può dimenticare il fiore colto in un giorno speciale della nostra vita e messo a seccare tra le pagine di un libro?

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