(di Francesca Trapasso)
Salutiamo il fornaio Eurisace e la sua consorte e da piazza di Porta Maggiore ci incamminiamo su via Statilia.
A farci strada, alla nostra sinistra, è l’acquedotto di Nerone. Nato come ramo secondario dell’Acquedotto Claudio, era stato costruito da Nerone per alimentare il ninfeo della sua opera più ambiziosa, la Domus Aurea, iniziata subito dopo il grande incendio che aveva distrutto Roma nel 64 d.C.
Alla fine di via Statilia, mentre l’acquedotto prosegue il suo tragitto millenario verso il Celio, noi percorriamo il breve tratto di via Emanuele Filiberto alla nostra sinistra. Attraversiamo all’altezza del semaforo in direzione della stazione dei taxi e ci troviamo in piazza di Porta San Giovanni, alle spalle della Scala Santa, proprio sotto quello che i romani conoscono come “il nicchione”, ma che è passato alla storia come il “triclinium leoninum”.
La singolare costruzione che vediamo oggi venne commissionata nel 1743 all’architetto Ferdinando Fuga da papa Benedetto XIV, al fine di recuperare il mosaico del grandioso triclinio costruito da papa Leone III nel IX sec d.C., probabilmente nel 798.
L’attenzione va rivolta soprattutto al catino absidale, la cui iconografia è strettamente legata ad una serie di importanti eventi storici, culminanti nell’incoronazione imperiale di Carlo Magno il giorno di Natale dell’800.
Il mosaico dell’esedra è una riproduzione del mosaico originale che decorava l’abside maggiore del triclinio di Leone III, a pianta rettangolare con un’esedra sul lato di fondo e una su ognuno dei lati lunghi laterali.
Il mosaico in questione riprende l’iconografia originale rappresentante la “Missione degli Apostoli”, cioè Cristo circondato dagli undici apostoli pronti a convertire il mondo. Con grande probabilità la scena faceva riferimento al programma di espansione e rafforzamento della chiesa romana in Europa con l’appoggio di Carlo Magno. A conferma di questa ipotesi, i gruppi raffigurati sui lati dell’arco trionfale che incornicia il catino: a destra S. Pietro porge il pallio a papa Leone III e uno stendardo a Carlo non ancora imperatore; a sinistra Cristo porge il pallio a S. Pietro e il labaro all’imperatore Costantino, con un preciso riferimento alla ”Donazione”, un clamoroso falso storico che attribuisce all’imperatore Costantino un editto contenente importanti concessioni alla chiesa cattolica e il riconoscimento al papa Silvestro I e ai suoi successori, in quanto eredi di S. Pietro, di un’autorità superiore a quella del trono secolare dell’imperatore.

Purtroppo, conosciamo il triclinio originario solo da descrizioni e disegni che ci sono stati tramandati, poiché venne interamente demolito nel 1589. Vennero mantenuti in loco e restaurati nel 1625 solo l’abside e il suo mosaico, trasferito nel 1743 alle spalle della Scala Santa, nella posizione attuale, ma che venne gravemente danneggiato nel corso del trasferimento. Quello che vediamo oggi è una copia poco fedele dell’antica decorazione, che in ogni caso si rifà all’antica composizione leonina, mantenendone intatti gli intenti e la memoria.

Bibliografia e illustrazioni: R.Krautheier, Roma. Profilo di una città, 312-1308.
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