Vi racconto la mia Pasqua.

di Simona Galia

Ho attraversato un momento particolare della vita. Un mese fa moriva mio padre, dopo due settimane di degenza in ospedale. Negli ultimi mesi la sua salute era peggiorata, lui ne era consapevole e anche noi ci stavamo preparando. Il 4 febbraio ho invitato i miei genitori a pranzo per festeggiare per la prima volta la ricorrenza del mio Battesimo, ma papà mi ha risposto che non se la sentiva. Ho provato ad insistere cercando di invogliarlo, dicendogli che ogni lasciata è persa, mi ha dato ragione, ma mi ha anche detto che non aveva la capacità di fare di meglio. Ho forzato dicendogli che non possiamo poggiare solo sulle nostre forze, ma che dobbiamo chiedere aiuto in alto e lui… “probabilmente mi manca quella giusta fede che mi dia la forza di andare avanti”. Questa frase mi risuona sempre dentro perché è proprio in chi ammette i propri limiti che Dio opera in maniera prodigiosa ed io sono stata strumento e testimone di questo riavvicinamento alla fede. Dopo un ricovero in stato di semi incoscienza, apparentemente per uno shock elettrolitico, si è scoperto un ematoma alla testa, da operare. Intervento non semplice, ma possibile se non fosse stato per una medicina che prendeva, un anti-aggregante, che non avendo potuto interrompere in anticipo, gli ha provocato un’emorragia rendendo necessario un nuovo intervento molto più rischioso. Ho pregato Dio di poterlo rivedere e parlargli di nuovo e così è stato. I medici non si capacitavano di come avesse superato l’operazione e mi meravigliò l’aggettivo usato dal chirurgo a proposito della TAC, “perfetta”. Questa situazione perfetta è durata una settimana e quei giorni sono stati un dono. Vedevo mio padre molto fragile, ho capito che non dovevo perdere tempo e gli sono stata vicino come non avrebbe mai prima permesso a qualcuno… Alla seconda emorragia e al terzo intervento non si è più ripreso. Quando lo hanno riportato in reparto dicendoci che le condizioni erano disperate e la fine era vicina mi sono rivolta al Padre chiedendo di accoglierlo a braccia aperte. La forza e la serenità che sentivo in quei momenti difficili non erano opera mia. Insieme abbiamo festeggiato la nostra Pasqua. Ho capito che quella era la mia Galilea da cui ripartire e a cui attingere nei momenti bui della vita.

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