La mia parte.

di Simona Galia

L’idea di un’intervista alla mia amica Francesca, che conosciamo perché ha già collaborato al giornalino, è nata da lei che si è proposta per parlare della sua esperienza con i giovani.

Già in precedenza avevamo conversato insieme delle difficoltà che incontrano gli adolescenti oggi, trovandoci d’accordo sull’importanza della vicinanza quale strada maestra per allontanare tanta solitudine e “non ascolto” che spesso portano i ragazzi a disorientarsi e, nei casi peggiori, a perdere il contatto con la realtà attraverso varie forme di dipendenza. Abbiamo riflettuto sul fatto che le famiglie hanno bisogno di aiuto e sempre più spesso lo trovano in persone che, per passione e amore, dedicano parte del loro tempo ai figli di famiglie che fanno parte della comunità, dando ripetizioni, seguendoli nel loro percorso di studi e anche nella loro crescita spirituale. Si crea un rapporto stretto che arricchisce reciprocamente e che spesso fa passare in secondo piano l’obiettivo iniziale di questi incontri, ossia migliorare il rendimento scolastico o il metodo di studio.

Innanzitutto, grazie Francesca per voler condividere questa parte importante della tua vita.

Ti definirei un’”educatrice sul campo” perché, pur non essendo un’insegnante o un’educatrice di professione, da tanti anni trascorri molto tempo con bambini e adolescenti.

Anche tu, come molti di noi, vivi in una realtà di periferia. Perché hai sentito il desiderio di raccontarci la tua esperienza?

L’ urgenza di parlare di ragazzi nasce dalla percezione di un vero e proprio disagio che covava da tempo, che può assumere forme diverse e che la pandemia ha semplicemente messo sotto i nostri occhi in maniera talmente evidente da non poter essere più ignorato. La sensazione è che questi ragazzi siano stati letteralmente “svuotati” da un consumismo tecnologico, e non solo, che non riusciamo più a tenere sotto controllo. Alcune volte il loro vuoto deriva dal vuoto degli adulti, altre da un uso eccessivo e distorto dei social che li confondono e li portano a perdere il contatto con la realtà, ma raramente la causa è una sola.. Forse sono discorsi retorici, ma è importante che non vengano dimenticati.

Quando e come è iniziata questa tua attività?

Molto banalmente dall’esperienza di mamma: avendo un figlio unico capitava spesso di avere in casa amici di scuola o ragazzi conosciuti durante l’attività sportiva o al catechismo, e altrettanto spesso alcuni cominciavano a raccontare, di scuola, amicizie, esperienze sportive, vacanze. Qualunque fosse l’argomento, avevano tutti in comune lo stesso desiderio di essere ascoltati. Noi adulti abbiamo sempre troppa fretta e i ragazzi tanto da dire…

Che impressione ricevi dai loro genitori? Si crea anche con loro una complicità?

I genitori spesso sono le prime vittime, convinti di dover riempire a tutti i costi ogni mancanza con degli oggetti spesso anche costosi, seguendo le mode, proteggendo i propri figli non si sa bene da cosa…

Anche con loro si crea un rapporto di fiducia, si aprono più che a figure professionali, come psicologi o assistenti sociali, perché vivono un rapporto alla pari, sei esattamente come loro, un genitore, una madre, ti sentono vicina.

Sei anche una catechista e prepari i bambini alla Prima Comunione. Quanto la fede ha inciso sulla tua scelta di dedicarti agli altri, in particolare ai bambini e agli adolescenti?

Questa disponibilità all’ascolto evidentemente non è sfuggita al parroco, che mi ha proposto di accompagnare i bambini di seconda elementare nel percorso per la Prima Comunione, e il passo dal catechismo al volontariato a tutto tondo è stato breve. Seguendo i bambini si ha inevitabilmente a che fare con le famiglie, ognuna con la sua storia, alcune volte difficile. Il bambino che disturba sta dicendo che c’è qualcosa che non va, cerca di attirare l’attenzione. A quel punto ti fermi, cerchi di conoscere la famiglia e scopri situazioni complicate che, vivendo in una borgata, quasi ti aspetti, ma capisci che c’è tanto da fare e ti rimbocchi le maniche e cominci. Lo fai, non ti domandi neanche perché, lo fai e basta, un po’ come quando ti si allaga la casa, prendi il secchio e cominci a raccogliere l’acqua perché ce n’è bisogno e così quando c’è una richiesta di aiuto.

Sicuramente incontri delle difficoltà, come le superi? Hai mai paura di non essere all’altezza e di non farcela?

Ho sempre paura di non essere all’altezza, ma la fede viene in mio soccorso. Accompagno i bambini dalla Comunione alla Cresima e la fede mi sostiene quando camminare è difficile e i dubbi sono tanti, perché i dubbi ci sono e i bambini sono i primi ad accorgersene e a fare domande. La fede ti dà la forza di andare avanti, di sostenere chi è in difficoltà, di portare i tuoi pesi e quelli degli altri, ma non sempre si riesce…la fede… è da lì che parte la spinta più grande, bisogna credere in se stessi e sapere che c’è qualcuno che abita tanto più in alto di te che crede in te e così ti senti protetta, chiedi consiglio… è la spinta più grande, quella che non ti fa chiedere, ma chi me lo fa fare e che ti fa comprendere che ne vale la pena, perché ne vale SEMPRE la pena.

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