di Fabio Martino

CAMMINO SINODALE DELLA CHIESA
Papa Francesco, il 18 settembre 2021, parlando ai fedeli della Diocesi di Roma, ha comunicato che stava per iniziare un “processo sinodale”, un cammino in cui tutta la Chiesa si trova impegnata intorno al tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.
Quindi un sinodo sulla sinodalità?
Sembra quasi un gioco di parole, ma non lo è assolutamente.
Il Papa quello stesso giorno ci ha detto anche che quando parliamo di Chiesa sinodale bisogna evitare di pensarla come un titolo tra gli altri, un modo di pensarla che preveda alternative. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione.
Come sappiamo la parola sinodo vuol dire camminare insieme. Allora questo cammino è stato pensato come “dinamismo di ascolto reciproco” condotto a tutti i livelli di Chiesa, in piccoli gruppi, coinvolgendo tutto il popolo di Dio.
E questo se vogliamo, è una delle belle novità di questo sinodo. Anche in altri sinodi i vescovi hanno interpellato il popolo di Dio, ma mai in maniera così totale: ad esempio per il sinodo dei giovani è stata interpellata una loro rappresentanza seppur comprendente tutto il mondo.
In questa occasione il Papa chiede di “lasciare aperte porte e finestre” di non limitarci a prendere in considerazione solo chi frequenta le parrocchie e la pensa come noi. Di coinvolgere in questo dialogo/cammino anche i cosiddetti “lontani” dalla fede, di andare loro incontro e lasciarsi interrogare, senza paura di entrare in dialogo con loro: è il dialogo della salvezza dice Papa Francesco.
E per tutti gli scettici conclude: “Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese”.
Questo percorso sinodale prevede uno sviluppo in 5 anni suddiviso in tre fasi: narrativa (2021-2022; 2022-2023), sapienziale (2023-2024) e profetica (2024-2025).
La prima tappa svolta nell’anno 2021-2022 è stata dedicata all’ascolto e alla consultazione nel modo più capillare possibile. In questo periodo di tempo, così come ci viene riportato da un documento sintesi della CEI, in Italia si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone.
Tutti questi gruppi sinodali hanno poi fatto recapitare ad un gruppo di coordinamento gli esiti di questo ascolto reciproco. Da questi esiti ne è scaturita una sintesi generale sia da parte della CEI che dalle varie Diocesi.
Prendendo spunto dalla sintesi della Diocesi di Roma possiamo, senza la pretesa di essere esaustivi (per questo vi invitiamo a leggere l’intero documento che potete trovare nel sito http://www.diocesidiroma.it), evidenziare alcuni aspetti sia a carattere generale che più specifici.
A carattere generale si afferma che:
- questo metodo di ascolto (in piccoli gruppi) è stato molto apprezzato e che sarebbe auspicabile protrarlo nel tempo;
- un metodo che ha aiutato le comunità a spostare l’attenzione dall’io al noi e agli altri, attraverso incontri concreti, personali, autentici, paritari.
Nel contempo non si nascono alcune difficoltà:
- si desidera una Chiesa vicina, aperta a tutti, in particolare agli “ultimi”: molte persone testimoniano di essere state accolte nelle comunità con difficoltà, avvertendo spesso un senso di superiorità e di “onnipotenza” in chi vive un cammino comunitario di fede con una mentalità giudicante e moralistica;
- quella di coinvolgere i giovani e i fedeli che non frequentano;
- la “logica del gruppo” per poter vivere un percorso più comunitario;
- sentire la proposta, come altre a livello di Diocesi, calato dall’alto;
- a volte si è riscontrato più entusiasmo nei laici che nei sacerdoti.
Nello specifico, invece, si è messo in rilievo quanto emerso intorno ad alcune tematiche, in particolare:
- La corresponsabilità: non basta camminare insieme e condividere. Occorre crescere nella corresponsabilità. Il clericocentrismo è infatti ancora dominante: le comunità vorrebbero essere più coinvolte, dove invece le decisioni sono affidate al singolo sacerdote.
- La comunità parrocchiale: la parrocchia, pur rimanendo ancora un ambito privilegiato per la crescita, la condivisione della fede e della carità, come testimoniano molte comunità a Roma, da più parti si lamenta una vita comunitaria stagnante, “auto-nutriente” ma senza aperture al territorio. A volte i corre il rischio di mostrarsi come una azienda.
- Pastori e ministri: ci sono tanti sacerdoti che sono padri, maestri, esperti di umanità capaci di costruire comunità vive ed accoglienti. Tuttavia ci sono anche parroci che sembrano più manager che padri, gestori più che pastori. Dagli stessi presbiteri si evidenzia il bisogno di più occasioni di ascolto e di confronto tra loro e con i vescovi per condividere difficoltà e gioie. Per prendersi cura di se stessi, delle loro fragilità e dei loro bisogni. C’è il desiderio che la comunità parrocchiale sappia prendersi cura del parroco e degli altri sacerdoti e che possa costituire per loro una famiglia.
- La famiglia: la voce delle famiglie è emersa timidamente soprattutto come realtà che va sostenta, piuttosto che come protagonista nella dinamica laicale con la propria vocazione sacramentale. Tra i desideri emersi spicca quello di essere accolte nelle comunità parrocchiali, tenendo conto delle necessità e dei tempi delle famiglie, in particolare con i figli piccoli; essere sostenuti nella reazione di coppia, soprattutto nei primi periodi. La pastorale familiare viene ancora percepita come un servizio esclusivo per i coniugati: nella pratica si riscontra ancora una scarsa attenzione ai conviventi, separati e divorziati.
- La donna: vi è una percezione della distanza tra l’attenzione che Gesù dava alle donne e la non corrispondenza nella realtà ecclesiale. A più riprese emerge la necessità di valorizzare il carisma femminile. In generale, nella Chiesa, si rileva che le donne rimangono ancora ai margini dei luoghi decisionali e difficilmente ricoprono ruoli di governo.
- Il mondo giovanile: Ci sono a Roma comunità di giovani molto belle, segno di speranza. Purtroppo però, negli ultimi anni si registra un progressivo allontanamento dei giovani dalle parrocchie; quelli che invece continuano a fare attività spesso rimangono inascoltati, quasi invisibili. Nel rapporto intergenerazionale si sentono sfiduciati dagli adulti e il dialogo con loro è piuttosto faticoso. La parrocchia rimane per i giovani adolescenti un “altro luogo”, raramente significativo. Hanno una conoscenza della Chiesa ferma alla catechesi della Comunione e, quando si prosegue, della Cresima: percorsi vissuti solitamente come esperienza inadeguata e a volte di vero e proprio allontanamento dalla fede. Lamentano celebrazioni poco coinvolgenti e con un linguaggio lontano da loro. La parola Chiesa evoca in loro giudizi e pregiudizi su temi etici e intimamente personali: la vita morale, la sessualità, la diversità di genere e l’eutanasia. Agli adulti chiedono coerenza e di evitare atteggiamenti severi, moralistici e giudicanti; alla Chiesa invece di essere più immagini di Dio e di Amore.
- Movimenti, gruppi e associazioni: contribuiscono a stimolare il bene comune e a rendere più generative le comunità civili. Sono quel segmento di laici impegnati che vivono con maggiore consapevolezza la corresponsabilità dell’annuncio della fede e si espongono in prima persona nei segmenti di impegno della propria associazione/movimento. Guidate in genere da laici, tuttavia anche tali realtà fanno fatica a stare al passo con i tempi, a rinnovare le loro modalità gestionali operative e comunicative in modo da renderle più capaci di parlare all’uomo della postmodernità. Talvolta vengono percepite distaccate dalla comunità parrocchiale e diocesana e spesso indicate come chiuse ed autoreferenziali rendendo limitate se non impossibili il dialogo e l’integrazione con le stesse.
- Il mondo della scuola: si è chiesto agli studenti di rispondere a due domande: “Cosa diresti a Dio?”, “Cosa diresti alla Chiesa?”. Con riferimento alla prima domanda, Dio è riconosciuto come chi “deve risposte”, prove della sua esistenza e col quale arrabbiarsi ma anche ringraziare. Quando le varie richieste non trovano risposte nella vita reale, la delusione che spesso ne consegue fa emergere il fatto che i giovani hanno un’immagine di Dio mutuata dall’infanzia che manca di concretezza, a volte più frutto di ragionamenti teorici che esperienziali. È presente anche la voce di colo che non credono alla sua esistenza e di chi si dichiara indifferente. Con riferimento alla seconda domanda si percepisce fortemente uno scollamento tra Dio e la Chiesa (“il vostro messaggio è lo stesso di quello di Dio?”, “la Chiesa rovina un messaggio bellissimo”). Liturgia e catechismo sono ricordati come troppo lunghi e noiosi: anche frequentare la chiesa, andare a messa sono sempre stati posti come doveri. D’altra parte emerge il desiderio di celebrazioni più vicine e coerenti con la vita e una maggiore spontaneità nel rapportarsi con Dio e pregarlo.
- Università e cultura: generalmente ritengono la cultura l’unico mezzo per combattere l’ignoranza e che rende liberi. Per questo chiedono alla Chiesa un’adeguata attenzione alla cultura per rendere ragione della fede, li dove la fede è attaccata dal punto di vista della ragione. Desiderano strumenti “per capire se la fede è affidabile”.
- Anziani, malati, disabili e disagio: chiedono che venga ascoltato il grido di solitudine che sale dal loro cuore a causa della perdita di autonomia e del senso di inutilità. Sentirsi effettivamente parte integrante della comunità a tutti gli effetti. Propongono alle comunità parrocchiali di “adottare” le persone che vivono queste difficoltà, una maggiore attenzione che sia più legata al territorio oltre ai luoghi di cura. In particolare, da alcuni si lamenta “un comprensione parziale dei fratelli e delle sorelle disabili spesso considerati, perché cristiani, portatori della bandiera della sofferenza, dimenticando che loro stessi ambiscono a una vita di gioia, al servizio degli altri e del Vangelo”.
- Comunità etniche: dai contributi raccolti dalle comunità etniche emerge la difficoltà di integrazione nella comunità parrocchiale, in quanto vivono una liturgia domenicale solo per loro. Non si costruisce pertanto un tessuto di rapporti amichevoli. Desiderano trovare nelle parrocchie qualcuno con cui parlare, che ascolti le loro sofferenze, un ascolto che non si limiti solo a quello del confessionale.
- Carceri: è ricorrente il tema del bisogno di essere ascoltati e il grande apprezzamento per la vicinanza reale di coloro ce, a vario titolo, fanno servizio in carcere.
- Coloro che vivono per strada: dall’ascolto degli ultimi emerge il desiderio di servizio e il bisogno di sentirsi utili anche da coloro che vivono in strada laddove “i poveri non sono solo persone da assistere o bocche da sfamare ma persone da ascoltare e che possono restituire quello che hanno ricevuto”. C’è chi prova gratitudine per il Papa particolarmente attento ai senza fissa dimora ma anche chi auspica maggiore attenzione della Chiesa verso gli invisibili.
Quest’anno il cammino sinodale prosegue, ma ne parleremo nel prossimo numero.
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