
Il periodo del “Lock down”, avvenuto durante il famigerato 2020, ha messo l’accento, se ce ne fosse stato bisogno, sulla violenza sulle donne e sui cosiddetti “femminicidi”.
Ma in pochi considerano che la violenza fisica inizia da quella psicologica, necessaria per assoggettare le vittime al carnefice che potrà farne, a quel punto, ciò che vuole.
La violenza psicologica sulle donne inizia con le parole che, credo, abbiano sempre un peso molto specifico.
Quando a una donna, durante una conversazione o una discussione, viene detto: “Stai zitta!”, ebbene quello è l’inizio della violenza psicologica.
Anche se tali parole vengono comunemente accettate, sono ancora più gravi se seguite da un: “Non capisci niente!”.
Queste affermazioni fanno capire perfettamente la disistima, da parte di chi le genera, nei riguardi della donna a cui sono rivolte e, se non bloccate in tempo, di solito continuano con apprezzamenti di varia natura.
Per esempio, sull’abbigliamento che indossa, che secondo chi li pronuncia, è sempre “troppo” corto, o “troppo” scollato e lei è sempre “troppo” truccata.
Tutto ciò atto a sminuire e mettere in cattiva luce la donna che si ha accanto, fino a dare l’impressione, a lei e alle persone che ascoltano queste parole, che si tratti di “una poco di buono”.
Se, la donna che ascolta questi apprezzamenti usciti dalla bocca dell’uomo che dovrebbe amarla e rispettarla, soffre di insicurezza, anche se in piccola parte, potrebbe, con il tempo, iniziare a credere che queste affermazioni siano vere.
Talvolta arriva ad accettare che l’uomo che la sminuisce, decida della sua vita, prenda le decisioni al posto suo, non permetta la frequentazione con parenti e amici.
Lei si sentirà sempre più sminuita e insicura, diventando sempre più convinta di meritare questi atteggiamenti, fino ad arrivare ad accettare, in alcuni casi, anche la violenza fisica.
Ma questi comportamenti e la loro accettazione hanno origini lontane.
Fino alla metà del secolo scorso, se non oltre, nel nostro paese vi erano modi di fare considerati normali da parte degli uomini nei confronti delle “loro” donne, di tutte le “loro” donne: fidanzate, mogli, madri, sorelle.
E alle donne non era lasciata altra alternativa che accettare questi atteggiamenti o, almeno, far finta di farlo.
Se consideriamo che, fino a non molto tempo fa, esisteva una Legge che è stata abrogata solamente nel 1981 denominata “delitto d’onore” che permetteva agli uomini di uccidere la propria moglie se, anche solo si sospettava un tradimento da parte di questa.
L’assurdo era che l’uomo non veniva perseguito legalmente in alcun modo per questo.
Oggi non possiamo stupirci che alcuni uomini che provengono da famiglie con retaggi simili, non accettino che le donne abbiano acquisito “libertà” morale ed economica.
Purtroppo, questo retaggio agisce ancora anche su alcune donne che non riescono ad andare oltre queste idee obsolete, pur se convinte che non sia così.
A loro discolpa c’è da dire che spesso sono cresciute in famiglie in cui questi atteggiamenti, anche se sottaciuti, esistono ancora.
Credo, da donna quarantenne del 2021, che ci sia ancora molta strada da fare per raggiungere la vera parità dei sessi.
Prima di tutto deve entrare a far parte della mentalità di tutti, uomini e donne comprese, e, solo a quel punto potrà diventare di uso comune in ogni aspetto del nostro vivere civile.
Se non esiste il rispetto, parole come “uguaglianza” sono inutili!
P.S. “Si consiglia la lettura di un precedente articolo di Chiara Cicconi pubblicato sul giornalino di giugno 2021”.
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