Intervista a don Cristian Prestianni, il “nostro” Parroco.

(la Redazione)

Buongiorno don Cristian,

innanzitutto, grazie per dedicarci parte del tuo tempo e tanti auguri per i tuoi 25 anni di sacerdozio festeggiati il 15 maggio scorso, lo stesso giorno della canonizzazione a San Pietro di don Giustino Maria Russolillo, fondatore dei Vocazionisti.

Partiamo proprio dalla scelta della Congregazione, perché i Vocazionisti?

Perché mi ha affascinato il carisma di questo sacerdote assai attuale anche oggi, che consiste nell’aiutare i giovani e le famiglie a capire che la vita va riempita di significato.

Quale messaggio porti sempre con te di don Giustino?

L’idea della santità. Lui augurava ad ognuno di noi: “Fatti Santo perché tutto il resto è zero”. Abbiamo visto la santità come qualcosa di irraggiungibile, mentre San Giustino ci ricorda che la santità non è altro che la vita felice…non facile…ma raggiungibile per tutti.

Al raggiungimento di certe tappe si fa quasi sempre un bilancio, ci hai pensato?

Certo, quello che ho vissuto è molto di più di ciò che mi resta da vivere…e le mie più grandi preoccupazioni sono due: la prima è quella di dover morire senza essere riuscito a raccontare come il Signore mi ha cambiato la vita in positivo dopo l’esperienza del tumore…che considero una grazia (so che è una parola difficile da digerire…ma è proprio così…la malattia mi ha resettato su tante cose).

La seconda preoccupazione …diventata come un motto per me è questa: il tempo è troppo breve per fare il bene e non bisogna sciuparlo. In altri termini: tocca evangelizzare, spezzare la Parola e far fare esperienza di Cristo alle persone.

Nel cammino fin qui fatto, tuo personale e con noi parrocchiani, prima come viceparroco e poi come parroco, ci sono delle esperienze che ricordi particolarmente perché significative?

Sono tante, difficile da descriverle tutte. Una esperienza su tutte è vedere il volto delle persone cambiato. Non pochi prima di un percorso di fede si avvicinavano con aria e modi di fare molto superficiale, ma quando hanno conosciuto il Signore…li ho visti trasformati… e fare le cose molto seriamente…ma anche io sono molto cambiato insieme a loro in tutti questi anni.

Quali sono state le maggiori difficoltà che hai dovuto affrontare in questi anni?

Vedi, sono una persona che di primo impatto ama essere antipatico…è voluta la cosa. Però trovo grande difficoltà quando vedo che la gente chiede a noi sacerdoti di essere coerenti, ma quando vengono in parrocchia chiedono delle scorciatoie per quanto riguarda la ricezione dei sacramenti. E quando dicono: “anziché avvicinare voi allontanate”… lì proprio faccio tanta fatica a tacere.  Se chiedi a me coerenza, tu perché giochi nell’ambiguità? Una persona che ha ricevuto la Cresima a undici anni, e dopo trenta anni mi chiedi di fare da padrino ad un battesimo…e solo perché ti chiedo di frequentare due incontri, … tu cambi colore in faccia, …per me quella persona non può dirsi credente. È come se ti presentassi a me a trent’anni con l’abitino di prima comunione: fai ridere, sei buffo…è una veste ridicola addosso. Non si può ridurre la parrocchia in un “sacramentificio”. In tutti questi anni, su un quartiere di circa quindicimila abitanti, sono veramente poche le persone che mi hanno chiesto di crescere nella fede: non arrivano a centocinquanta. Che poi è la cosa che più mi sta a cuore. Per l’evangelizzazione ho passato intere nottate a studiare e pregare…. e considero chi mi ascolta assai prezioso. Se una persona, d’inverno, la sera alle ore ventuno, esce di casa per ascoltarmi, io non posso che dargli il meglio di ciò che conosco.

Sei cresciuto alla “scuola” di don Fabio Rosini, che ha fatto e fa delle catechesi e, in generale, della formazione, il motivo conduttore della sua vita sacerdotale…Quanta influenza ha avuto e ha su di te, sul tuo percorso spirituale?

Don Fabio è entrato in un momento particolare della mia vita. Confesso, lui lo sa, … che inizialmente quando vedevo qualche sua apparizione televisiva, non mi stava simpatico. Dicevo: “che ci trovano di speciale in questo sacerdote…non lo so?!”. Poi sono andato a seguire la sua prima catechesi sui dieci comandamenti, e lì…mi ha cambiato la vita. Tempo fa gli dissi, scherzando, che avrei dovuto denunciarlo per stalking perché è riuscito a modificare il modo di vivere del mio ministero sacerdotale senza impormi nulla. …Mi sono ritrovato cambiato…senza nemmeno capire il come. Perciò più che essere stato influenzato mi ha aperto la mente su tante cose. Cerco di spiegarmi con un esempio: immagina di stare con una barca nel mare mediterraneo, dove i tuoi superiori ti dicono “mi raccomando non andare oltre lo stretto di Gibilterra…perché lì c’è il mare aperto…e si può andare incontro alla morte”. Don Fabio è stato come il vento o meglio il soffio dello Spirito Santo in poppa che mi ha fatto trovare il coraggio di andare oltre il mediterraneo e scoprire che lì non c’era la morte, ma il grande oceano…altra vita… da esplorare. Da lui ho ricevuto tanto per attualizzare il carisma di noi sacerdoti vocazionisti sotto un’altra ottica. Ed oggi ho grossi progetti per il futuro che, se il Signore vorrà, realizzerò…. è il tempo che mi manca! Non ho mai fatto cose in cui non abbia avuto la certezza di essere guidato da Dio.

Ci racconti un po’ del progetto “Colomba express”?

È nato tutto da una telefonata del Vescovo Guerino Di Tora: mi disse che aveva dato il mio numero di telefono all’attrice Claudia Koll e che sarebbe stato molto interessante per me, ascoltarla. Dopo alcuni mesi, ci siamo incontrati, abbiamo parlato e ci siamo resi conto che alcuni suoi desideri coincidevano con alcuni progetti che facevamo noi. Abbiamo unito le forze, e ne è venuta fuori un’opera grossa. Molti non sapranno mai, e poi mai, tutte le cose che sono state realizzate in tutti questi anni.

Il gruppo “CEFA” possiamo dire che è la tua opera più riuscita e pensiamo quella a cui tieni di più perché ti consente di esprimere al meglio la tua “paternità”. Nella crisi genitoriale che attraversa le nostre generazioni i ragazzi sentono l’esigenza di punti di riferimento, e nella Parola e in coloro che sanno renderla fruibile nella vita quotidiana riescono a trovarli. Cosa ti stanno insegnando questi ragazzi e cosa potresti dire a noi genitori, cosa non stiamo capendo di loro e del nostro ruolo di educatori?

Mi hanno insegnato tanto. Il mio ruolo di sacerdote è quello di fecondare i cuori, il loro, di generare vita. I ragazzi sono il futuro della società, occuparsi di loro, significa preoccuparsi delle future vocazioni al matrimonio e al sacerdozio. Non mi sono mai risparmiato in sacrifici per i ragazzi che, oggi, trovo molto fragili (soprattutto dopo la pandemia). Gli adulti, invece, li trovo molto più concentrati su loro stessi, sulla carriera ed il lavoro, piuttosto che dedicare tempo ed ascolto ai figli. Dopo tanti anni, dedicati in mezzo ai ragazzi, mi accorgo subito se ho a che fare con giovani seguiti dai genitori o meno. Più che un’opera mia, i ragazzi sono un’opera di Dio. Io stesso ancora oggi non riesco a credere come sia potuto crescere un gruppo così grande. Un grazie devo dirlo anche ai giovani che ci hanno creduto: con loro abbiamo fatto tante esperienze e dato tante testimonianze in giro per l’Italia. Un vero e proprio miracolo per l’appunto.

Più volte hai detto durante le tue omelie di non desiderare chiese piene o meglio che le chiese piene non sempre sono un buon segno. Certo, questa pandemia ha contribuito ad allontanare, almeno fisicamente, un certo numero di fedeli, ma questa criticità sta rientrando… Il punto, però, è un altro…ossia se il messaggio del Vangelo debba o meno essere “annacquato” per renderlo, all’apparenza, più digeribile e attraente, o se, invece, debba coinvolgere le persone proprio per la sua valenza “scandalosa” e dirompente… cosa ne pensi?

Io credo che a nessuno andrebbe di bere un buon bicchiere di vino annacquato. Il messaggio del Vangelo è qualcosa di serio e profondo, coloro che ce lo hanno trasmesso non erano degli idioti, ma avevano un cervello molto acuto. Il Vangelo è scritto per i poveri in Spirito. E fino a quando non si sperimenta questa povertà non c’è spazio per Dio nel cuore delle persone. A volte mi è capitato vedere giovani o persone che seguivano le prime catechesi dei diversi percorsi che proponevo, ma la seconda catechesi è giunta cinque, sei anni dopo, …perché la vita non li aveva ancora menati abbastanza. Per quanto riguarda le chiese vuote…se ne facciamo una questione di marketing, è giusto interrogarsi sul perché. Ma avere le chiese gremite di persone che si accontentano solo della S. Messa domenicale, non so a chi giova. Io sono con il Cardinale Camillo Ruini quando disse: “bisogna elevare la massa e non massificare la chiesa”. Io non mi preoccuperei delle chiese vuote o della carenza dei sacerdoti, qui c’è un problema più grave: mancano proprio i figli. Un buon cristiano formato è come un pizzico di sale: da sapore a tutta la pasta.

Qual è, quindi, la forza del cristiano?

La forza del Cristiano è l’amore…perché disarma…ma di questo amore ne vedo veramente poco in giro. Non è più il tempo di mostrare i muscoli per far vedere che si è potenti.

Come un cristiano può essere “contagioso” in questo mondo e al tempo stesso distaccato dalle logiche mondane?

Ma un cristiano non vive staccato dalle logiche mondane, le vive e le guarda con gli stessi occhi di Cristo: in maniera distaccata. E nello stesso tempo le impreziosisce con il proprio contributo. Se un uomo non vivesse le logiche umane non riuscirebbe nemmeno ad incarnare il Vangelo nella realtà …e credo che questo sia uno dei motivi per cui la gente si è allontana dalla chiesa sì, ma non credo dalla fede. Io vedo tanta gente in ricerca….

Dall’8 giugno riparte l’oratorio estivo. Un modo per impegnare i partecipanti, bambini e ragazzi fino ai 16 anni, e gli animatori, ragazzi e adulti, e educarli allo svago e alla fede. Qual è il tema di quest’anno?

Il tema di quest’anno sarà “La storia infinita”. In questi giorni stiamo facendo gli incontri di formazione con i nuovi animatori, sono circa trentacinque, e contiamo di coinvolgerli anche con altre attività. Gli adulti, come sempre, lavorano in maniera preziosa dietro le quinte.

Per concludere…cosa auguri a te stesso e ai noi, tuoi parrocchiani?

Spero e prego di rimanere sempre me stesso e di non cogliere mai le provocazioni di chi sta sempre arrabbiato. Ai parrocchiani, invece, auguro di uscire dalle loro case e conoscere molto di più la realtà della parrocchia che hanno sul loro territorio. Non rare volte tutti coloro che esprimono giudizi poco carini, sono persone che non hanno mai preso nemmeno un caffè né con me, né con i miei collaboratori. Ma come disse un giorno Papa Francesco, i preti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono.

Grazie e ancora tanti auguri!

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