a cura della prof.ssa Silvana Veller – F.S. Intercultura
Tempo fa mi era stato chiesto di scrivere un articolo sul tema dell’Intercultura, giacché ormai da anni mi occupo di questo aspetto importante della nostra scuola. Ma i tanti impegni, di lavoro e personali, il timore di non saper “rispondere” alle aspettative dei lettori, la mia memoria non sempre in modalità on, le tante cose, e ancor più le tante persone…, che mi venivano in mente, da unire in poche parole scritte, hanno fatto sì che di tempo ne sia passato tanto.
È giunto ora il momento propizio. Anche bambini provenienti dall’Ucraina stanno giungendo da noi e il cerchio multiculturale e multilinguistico si allarga ancora; in questo vivace Istituto Comprensivo che rende onore al suo aggettivo, poiché non solo comprende la scuola dell’Infanzia, la Primaria e la Secondaria, ma accoglie, comprende, sente suo e sua chiunque arrivi a farne parte. Dalla Romania al Bangladesh, dalle Filippine al Marocco, dall’India al Congo, dal Senegal all’Algeria, dall’Egitto all’Honduras, da Cuba alla Cina, dalla Serbia all’Ucraina.
Tanti sono i volti e i nomi che mi passano davanti cominciando dal presente e andando indietro nel passato. Tante le loro storie, raccontate o scoperte, il loro vissuto, le loro paure, i loro sogni. Le ‘tesine’ agli esami di terza media con le immagini del loro territorio, dei loro prodotti, pezzi di musica, canto e ballo delle loro tradizioni, costumi autentici perfino, preghiere e poesie tipiche.
Di solito, quando si parla di intercultura, la parola che nel dire comune viene pronunciata per prima, è “stranieri”. Certo, è giusto, ci sono tante famiglie, bambini e bambine, ragazzi e ragazze nella nostra scuola che non sono italiani ma anche nel nostro Paese, città, scuola abbiamo diversi dialetti, tradizioni, culture a seconda del punto cardinale di appartenenza. Nel quartiere ho ascoltato con curiosità e piacere racconti di famiglie che dalle Marche e dall’Abruzzo arrivarono qui a Roma in cerca di una vita migliore che hanno pian piano costruito; ugualmente andando indietro nella Storia, quali sono i Paesi del mondo che non hanno visto flussi migratori in vari periodi, per diverse ragioni? Anche tra noi colleghi c’è chi proviene da Nord o Sud, e tre sono le Lingue straniere che fanno parte dei programmi curricolari della Scuola Secondaria italiana. E quanti tra i nostri parenti e amici sono andati all’Estero a studiare o a cercare lavoro? Questo solo per dire che Intercultura è una parola grande, dalle varie sfaccettature. Interviene nell’Arte, nella Musica, nella Letteratura, nello Sport in cui vediamo confluire maestrie di diversa nazionalità che il pubblico di qualunque parte sa ammirare e riconoscere. È Intercultura quando i nostri studenti e studentesse con i migliori risultati in inglese potenziano ancora questa lingua rapportandosi con una docente madrelingua, o quando, speriamo, alcuni universitari della California verranno a trovarci per vedere come insegniamo noi le lingue straniere. O, per chi ne ha avuto o avrà la possibilità, fare una vacanza-studio di due settimane a luglio in un Paese anglofono.
Personalmente associo questa parola ad un caleidoscopio, quel tubo che fin da piccola mi affascinava, nel quale grazie ad alcuni specchietti le riflessioni multiple di piccoli pezzetti colorati messi alla rinfusa, formano immagini spesso simmetriche, coloratissime, bellissime che mutano in modo imprevedibile e variabile ad ogni piccolo movimento delle nostre mani. Ecco, ogni persona che viene da Paesi lontani, con diverso colore della pelle, con una lingua così diversa dalla nostra, con stili di vita a volte a noi incomprensibili data la loro cultura, è quel pezzetto che può brillare insieme agli altri creando nuove forme e proiezioni per chi ci si trova insieme. Non può che essere un arricchimento reciproco.

Sappiamo che l’integrazione non è mai facile per nessuno, sia che si accolga sia che ci si sposti, ci vogliono tempo, pazienza, attenzione, gentilezza e spesso competenza, fatica e perseveranza ma l’atteggiamento più importante penso sia la disponibilità d’animo all’incontro. Quel desiderio di conoscere l’altro/a che vorremmo fosse avvertito anche nei nostri confronti se fossimo al loro posto. Le innumerevoli testimonianze che in questi giorni ci rattristano e ci commuovono dicono tanto di questa capacità di accoglienza che va oltre ogni barriera, che supera le proprie perplessità, paure, comodità, abitudini. Perfino la lingua, ostacolo maggiore in ogni interscambio, sembra essere un problema superabile.
Proprio parlando della Lingua, strumento fondamentale per la comunicazione, entro nel merito di quanto cerchiamo di fare noi a scuola per facilitare l’inserimento dei neo arrivati, stranieri di prima generazione (alunni nati all’estero da entrambi i genitori nati all’estero) e di seconda generazione (nati in Italia ma con entrambi i genitori nati all’estero che in casa parlano generalmente la loro lingua d’origine), offrendo corsi di Italiano a più livelli e in diversi modi, sia in orario curricolare che extracurricolare per i più grandi della Secondaria. I piccolini dell’infanzia sono favoriti dalla gestualità naturale e dal gioco per legarsi tra loro ma le maestre hanno bisogno, ovviamente, di poter parlare e farsi capire anche dalle mamme, non sempre però disponibili ad usufruire dei corsi per loro pensati. Nella primaria inizia ad essere importante la competenza linguistica e le maestre dedicano ore in più per l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera nelle loro classi. Da tanto cercavamo mediatori culturali che ci aiutassero specie nelle prime fasi e finalmente è partito il Progetto Fami, patrocinato dal Ministero dell’Istruzione, con l’obiettivo di intermediazione con i genitori degli alunni e alunne straniere delle scuole del distretto.
Quando, anni fa, cominciai ad occuparmi dei corsi di italiano come L2 (seconda lingua) cercai subito aiuto tra i volontari della Casa dei Diritti Sociali, Associazione dove io stessa avevo fatto il tirocinio necessario per completare la formazione per insegnare italiano agli stranieri; così alcuni di loro vennero, e ancora vengono, con costanza per insegnare italiano agli alunni/e che ne hanno bisogno o aiutarli a recuperare altre materie. Per alcuni anni ha collaborato con noi anche l’Associazione Passaparola.
Grazie all’iniziativa del III Municipio, Grande come una città e la collaborazione dell’Associazione Puzzle per i corsi di insegnamento di italiano L2, da qualche anno si sono formati altri cittadini volontari che ora sostengono l’apprendimento dell’italiano, e non solo, degli studenti in maggiore difficoltà. Un immenso e sincero ‘grazie’ va a tutti coloro che hanno generosamente dedicato del tempo personale per mettersi a disposizione di tanti ragazzi e ragazze, dando loro la possibilità di integrarsi meglio e di sentirsi voluti bene in maniera particolare.
Tanti sono, anche, i progetti d’Istituto che favoriscono l’inclusione e l’integrazione di tutti i nostri alunni, non solo con l’insegnamento della lingua ma anche tramite attività artistiche, ludiche e sportive. Anche la parrocchia e il Comitato di quartiere si adoperano con disponibilità, coesione ed opere a collaborare per far sì che la nostra resti una Scuola senza confini. Una rete a maglie strette affinché nessuno vada perduto…

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