di Katia Mattei

Nel percorso di questa rubrica di orientamento, si è potuto riflettere su come sia importante investigare sui costrutti motivazionali, volitivi, e attentivi. Il comportamento umano, sin dalle origini stesse dell’umanità, è guidato da scopi, dal raggiungimento di risultati: tali scopi sono definibili motivi, mentre i risultati che il comportamento appare diretto a raggiungere, sono gli obiettivi. Nell’ambito dell’apprendimento va considerato anche un altro aspetto importante che viene sottolineato nella letteratura: appare esserci una stretta connessione tra l’apprendimento e le convinzioni degli studenti sulle proprie modalità di apprendimento, riguardo il riuscire o fallire rispetto allo studio. Queste convinzioni che ogni studente ha rispetto al proprio andamento scolastico, sono spesso l’esito di riflessioni non consapevoli, ma formulate in modo implicito, che possono indurre dei cambiamenti negli atteggiamenti dello studente nei confronti dell’ambiente scolastico.
A tale proposto, sono stati distinti tre parametri fondamentali (Weiner), utili agli studenti per riflettere sulle proprie convinzioni di causalità: il locus of control, la stabilità/instabilità delle cause, la controllabilità delle cause. Questi sono strettamente connessi al fatto che quando uno studente si interroga sulle sue possibilità di riuscita scolastica, dovrà formarsi anche un’opinione riguardo a quanto sia in grado di produrre effettivamente un dato esito positivo atteso. Il locus of control rappresenta una modalità di interpretazione soggettiva degli eventi che accadono ed è connesso all’autostima: chi ha un locus of control interno avrà la convinzione di essere il responsabile delle sue azioni, del suo sviluppo e che insuccesso o successo negli eventi sono legati maggiormente alle sue capacità e competenze rafforzando sicurezza ed autostima. Per contro, chi ha un locus of control esterno avrà la convinzione che i suoi successi o fallimenti sono connessi a fattori esterni che non dipendono da lui.
La collocazione interna /esterna della causalità, ha una rilevanza sull’atteggiamento nei riguardi dello studio, dei livelli di motivazione, dell’impegno e dell’autostima e sul processo di apprendimento. La stabilità/instabilità delle cause, invece,
riguarda l’interrogativo su quanto le cause del proprio successo o insuccesso possano variare nel tempo; esse sono correlabili in particolare alle opinioni che le persone hanno riguardo le abilità proprie come modificabili o immodificabili. Quanto più si considerano le capacità personali immutabili, tanto più si considereranno i successi o gli insuccessi individuali come determinati in modo stabile, comportando motivazione o demotivazione a impegnarsi. L’intelligenza o le capacità saranno viste stabili nel tempo, di cui si può essere dotati o meno, in modo innato. Uno studente che penserà di non essere portato allo studio, considererà inevitabilmente i suoi insuccessi come destinati a ripetersi nel tempo, cioè un’attribuzione causale interna, stabile nel tempo. Tale stabilità/instabilità causale può riguardare anche fattori esterni: se un insuccesso sarà attribuito ad una caratteristica dell’insegnante, non momentanea, come l’incompetenza, l’iniquità, l’antipatia dello stesso verso sé, tale risultato negativo sarà considerato come stabile nel tempo, ovvero ci sarà un’attribuzione esterna. Lo studente, in tal caso, non si impegnerà a cercare di cambiare la valutazione dell’insegnante su di sé, considerandosi una vittima di quest’ultimo in modo stabile nel tempo, e di conseguenza, non si impegnerà in nessun compito che riguardi quell’insegnante e quella disciplina.
La controllabilità delle cause va a riguardare quanto lo studente ritiene di poter incidere sui suoi risultati. Se uno studente, ad esempio, si sente l’unico artefice della propria esperienza di apprendimento, tenderà ad attribuire solo a sé stesso l’insuccesso, a colpevolizzarsi per esso e ad assumere un atteggiamento passivo, a sviluppare un senso di ansia e depressione, uno scarso senso di autoefficacia; invece, in caso di successo, attribuendolo solo a sé stesso, tenderà ad amplificare le sue potenzialità, rischiando di andare incontro ad un sé irrealistico. Si intuisce come sia fondamentale per stare vicino ai giovani conoscerli; l’educatore dovrebbe essere come il tanto noto filo di Arianna che guida autorevolmente e che indagando arriva alle soluzioni; ma è il giovane che deve compiere il viaggio, trovare il filo giusto ed arrivare a quello che vuole sia il suo traguardo
Rispondi