
Si parla sempre di più della Street Art come un valido mezzo di riqualificazione delle immense periferie grigie delle grandi aree urbane e metropolitane. Gli esempi possono essere innumerevoli: anche a Roma. Interi quartieri sono oggi abbelliti dalle grandi opere di tanti grandi artisti: da Tor-Marancia a San Basilio, da Tor-Pignattara a San Lorenzo, e anche a pochi passo da Fidene possiamo scoprirne un bellissimo esempio.
Ma facciamo prima un passo indietro per fare un po’ di storia del fenomeno. Torniamo agli anni ’50 e ’60, oltreoceano, quando il graffitismo si diffuse nei quartieri più poveri e malfamati di New York e di Philadelphia come movimento giovanile di protesta e affermazione di identità contro le restrizioni e le regole sociali. I muri, gli interni delle gallerie, i convogli dei treni si riempiono di disegni incredibili e di TAG sorprendenti (il Tag è la firma con cui l’artista traccia il proprio pseudonimo)
Soprattutto nella Grande Mela gli anni’70 vedranno poi l’affermarsi dei graffiti come vera e propria disciplina della cultura hip hop. La Street art inizia a trasformarsi: da esclusivo movimento di protesta a una presa di consapevolezza di un’attività artistica più libera ed espressiva. Nomi storici dell’arte internazionale come Keith Haring o Jean Michel Basquiat mescolano la loro produzione in studio ai grandi lavori underground.
L’Europa segue a ruota. Nelle grandi città come Parigi, Berlino, Londra, Bristol (la patria di Banksy, forse il writer più celebre dei nostri giorni) il fenomeno spopola. L’Italia non è da meno, con una sempre crescente diffusione a partire dagli anni ’80. I tre punti di sviluppo storico sono Milano, Bologna e ovviamente Roma.
Sempre di più il fenomeno si svincola dalla mera protesta sociale diventando “pura espressione” visiva.
Certo uno dei grandi punti oscuri della Street art è quel filo sottile che spesso separa la manifestazione artistica dal mero vandalismo. Questo ha fatto sì che specialmente nella sua prima diffusione il fenomeno trovò pesantissime critiche da parte dell’opinione pubblica. Ma il tempo, la bellezza e la raffinatezza sempre crescente dei lavori oltre che grandi campagne di sensibilizzazione messe in pratica dal mondo stesso dei writers stanno cambiando l’opinione e la considerazione su questo genere artistico.
Torniamo a Fidene, perché qui a due passi, a Colle Salario abbiamo un bellissimo esempio di lavoro di Street art perfettamente integrato nel contesto urbano che lo ospita. Lungo via Rapagnano, girando su via Apiro ci troviamo circondati da palazzoni grigi e davanti a noi un edificio più basso in cemento e mattoni rossi. Siamo all’ASD Colle Salario, una palestra popolare di arrampicata, e scuola di pugilato e kung fu, pilates e yoga.

Sui muri esterni di questa palestra vediamo il murale che vi mostro in foto e di cui vi accennavo all’inizio dell’articolo. Un lavoro di Alleg, uno dei nomi più in vista del panorama artistico nazionale con all’attivo decine e decine di lavori sparsi da nord a sud nel nostro bel paese. Il muro di colle Salario, risale al 2017, eseguito a tempera. Durante una piacevole chiacchierata telefonica Andrea ha ricordato bene la realizzazione del murale a quattro mani con Hitnes, altro nome di grande pregio nel panorama artistico romano, ma non solo. Sono suoi, per esempio, i 6 grandi muri che hanno impreziosito San Basilio. “Era estate, lo ricordo bene perché faceva un gran caldo, non si riusciva a lavorare per troppo tempo e il bello sono stati proprio i momenti di pausa e convivialità all’interno della palestra”, mi ha raccontato Alleg.
Quello che colpisce è la qualità estetica del lavoro! Altissima. Una figura umana senza volto di De Chirichiana memoria, fatta di mattoni bianchi che risaltano ancora di più sul fondo nero. Con le mani tiene, a pugni serrati, un filo rosso con cui serra la bocca di un coccodrillo. Il tutto circondato da infiorescenze. Un’opera dalla forte valenza surreale che ci racconta l’incontrollato sviluppo urbano delle periferie cittadine, rappresentato dalla figura umana senza un volto, gigantesca e inquietante, come deve apparire la grande metropoli a chi arriva dai piccoli paesi di campagna. Sviluppo urbano che si espande a discapito di una natura rappresentata dal coccodrillo a cui viene bloccata la bocca impedendogli di nutrirsi e quindi di crescere. E poi ci sono le piante che avvolgono il tutto, che con le loro radici rimandano alla gente, i mille volti degli uomini e delle donne che si incontrano. Le radici dipinte sono le loro radici che formano la comunità, anche se il significato Alleg lo lascia all’osservatore: “ognuno ha una sua chiave di lettura” ci dice. Una chiave di lettura personale e soggettiva che rispecchia l’emotività e la storia di chi osserva.
Per concludere ci piace raccontare brevemente il contesto dove il muro è stato dipinto,
La palestra popolare si sviluppa come struttura autogestita e auto-organizzata che negli anni è diventata un luogo di aggregazione e di crescita per tanti adolescenti, attraverso una continua proposta di attività sportive, culturali e sociali gratuite o a prezzi popolari.
La palestra offre infatti con campo di pallavolo coperto, una parete per arrampicata indoor, una nuovissima saletta boulder e un campo di calcetto all’aperto.
Nell’arco di poco tempo sono stati fatti tornei di calcetto, cineforum estivi, corsi di pittura. Tante esperienze gratificanti sotto il profilo umano. Tante attività fondamentali per la tutela, l’impegno e la salvaguardia delle fasce più a rischio della popolazione, soprattutto i più giovani che trovano qui un impegno concreto e divertenti e costruttivi momenti di aggregazione.
Rispondi