La Redazione

Siamo entrati nel negozio “Creo per te” per continuare questa serie di interviste ai commercianti del nostro quartiere, e siamo stati accolti dal sorriso e dalla gentilezza di Daniele. Dopo calorosi saluti abbiamo cominciato la nostra intervista.
Buongiorno Daniele e grazie per averci concesso parte del tuo tempo.
Ci piace cominciare col chiederti di raccontarci qualcosa di te per conoscerci un po’ meglio. Sappiamo ad esempio che non sei di Roma…
Intanto grazie a voi per questa opportunità che mi concedete per farmi conoscere come persona e come commerciante di questo quartiere.
Si, come avete detto non sono romano, sono nato in Calabria dove ho trascorso tutta la mia infanzia e giovinezza. Ho sempre frequentato la comunità parrocchiale tra l’oratorio, il gruppo giovanile, i campi scuola, il coro, sono stato anche catechista con i ragazzi più piccoli affiancato da una catechista con più esperienza. Dopo aver frequentato le scuole dell’infanzia e le medie, mi sono iscritto all’istituto alberghiero, perché in Calabria uno sbocco lavorativo era ed è il turismo. Nel primo istituto dove mi sono iscritto ho subito atti di bullismo molto pesanti che mi hanno allontanato dalla scuola, infatti ho perduto due anni. Mentre nel successivo istituto devo dire che ho vissuto i giorni più belli della mia giovinezza.
All’età di 19 anni sono venuto a Roma per continuare gli studi. Frequentavo filosofia alla Lateranense.
È stato un periodo in cui ho affrontato una crisi esistenziale che mi ha portato, in una maniera un po’ rocambolesca a visitare la città di Assisi. In quel periodo sentivo che in me qualcosa stava cambiando e che quello era il luogo giusto per trovare le mie risposte.
Tornai in Calabria per un periodo di discernimento con l’idea di farmi frate. Per correttezza ho lasciato la mia ragazza con la quale ero legato da qualche tempo. Nella mia parrocchia c’erano i Padri Scalabriniani e, anche se l’intenzione originaria era quella di farmi frate, all’età di 22 anni sono entrato in un seminario scalabriniano qui a Roma in via Casilina. Sono rimasto in seminario per 2 anni e mezzo. Un periodo molto ricco spiritualmente, intellettualmente e operativamente. Purtroppo, non durò perché subentrò un sentimento di affetto assolutamente non previsto. Ne sono uscito per coerenza, ma con il rimpianto di non essermi completamente aperto con il padre spirituale. Successivamente ho avuto anche una esperienza con i frati, mio primo amore. Un’esperienza che ricordo ancora come forse la più importante della mia vita, dove sono riuscito a fare una chiarezza interiore mai avuta prima. Anche se pure questa esperienza ha avuto fine, ne sono uscito con la consapevolezza principale che Dio mi ama e con la maturità di poter dire “adesso so da dove cominciare”. Dopodiché sono rimasto a Roma ed ho iniziato a tirare avanti con qualche lavoretto.
Come mai hai scelto questo mestiere? Qual è stata la scintilla ispiratrice?
Fin dall’età di 8-9 anni a casa mia già allestivo, con addobbi adatti al periodo, le varie festività. Quindi come potete capire una passione molto precoce. Anche la scelta della scuola alberghiera è un po’ legata anche a questa mia passione infatti tra le possibilità che offre l’istituto alberghiero non ho scelto “Cucina” come specializzazione, ma “sala ricevimenti e bar” proprio perché mi piaceva creare e rendere armonioso l’ambiente. Quando poi, mi sono definitivamente fermato a Roma e ho cominciato a frequentare la Parrocchia, questa mia passione è tornata prepotentemente. Un giorno, che mi trovavo con don Giuseppe e un gruppo del Rinnovamento dello Spirito che dovevano organizzare un evento, mi sono offerto per aiutarli a preparare l’altare. Quello è stato in assoluto il mio primo addobbo in una chiesa (escluso ovviamente i seminari). E da quel mio primo addobbo non mi sono più fermato.
Nel tuo lavoro ti fai guidare dal tuo estro, dalla tua sensibilità o ti aiuta anche una certa formazione?
I miei primi lavori sono stati fatti senza alcuna formazione, seguivo essenzialmente il mio animo, il mio sguardo, mi facevo ispirare dal creato. Mi ritengo molto fortunato di aver incontrato una amica e maestra che, vedendomi lavorare, rimase impressionata da come una persona con pochissima esperienza come me potesse fare delle così belle composizioni. Aveva percepito che oltre a una grande passione c’era anche un dono che andava curato. Quindi mi ha suggerito dei corsi, mi ha fatto imparare le varie tecniche, suggerendomi sempre però di usare la tecnica unitamente con l’animo che ho, ovvero con quello che mi porti dentro. E questo è attualmente il mio stile lavorativo.
Da quanto tempo hai aperto questa attività? Prima cosa facevi?
Prima di aprire questa attività ho svolto diversi lavoretti. Il primo lavoro l’ho trovato in un panificio, forno, pasticceria. Ero addetto al banco gastronomia e saltuariamente mi mandavano a fare le consegne. Mi sono trovato molto bene perché vi ho trovato un clima di famiglia. È terminato in seguito di un incidente. Un secondo lavoro l’ho trovato in un laboratorio di pasta all’uovo. Consegnavo la pasta in vari ristoranti di Roma. È stato in questo periodo che ho cominciato a conoscere Roma in tutta la sua bellezza. Contemporaneamente vengo contattato dalla Multiservizi e quindi, per un periodo di tempo, ho fatto le pulizie negli uffici. Unitamente a questi lavori ho continuato a mantenere la mia passione per gli allestimenti e gli addobbi presso il locale di un amico e presso la nostra Parrocchia grazie alla stima di don Giuseppe e sotto lo sguardo amorevole del Beato Giustino. Fino a quando il 1 settembre del 2019 finalmente sono riuscito a coronare il sogno che avevo fin da ragazzo aprendo questa attività riuscendo così a coniugare passione e lavoro.
Sicuramente questa, come altre attività, comporta sacrifici di tempo e forse economici, almeno all’inizio, quindi, al netto di questo, che cosa ti gratifica di più nel tuo lavoro?
Sicuramente il sorriso della gente che se ne va via soddisfatta; l’aver fatto bene quello che dovevo fare; che riesco a realizzare quello che la mia mente e il mio cuore mi ispira. Nel momento in cui finisco il lavoro, lo guardo e mi dico “è lui”.
Che relazioni riesci ad instaurare con la tua clientela?
Penso di riuscire ad instaurare una relazione familiare che può portare a creare anche delle amicizie. Questo coltivare amicizie fa si che si creano anche momenti di condivisione. Qui dentro ho visto lacrime di dolore e di gioia.
Inoltre, nascono rapporti di fiducia come quando qualcuno ti chiama e ti chiede una composizione e aggiunge: “Daniele fai tu”. Questo tipo di fiducia per un commerciante è di grande importanza perché fa capire che hanno compreso come lavori e si fidano di come lo fai.
Raccontaci una tua giornata “tipo”.
La mia giornata è molto lunga. Nei periodi meno intensi comincia intono alle 6 della mattina, mentre nei periodi più intensi, come questo, inizia tra le 4 e le 4,30. Appena mi sveglio ho un breve rapporto con Dio per affidargli la giornata. Poi dopo colazione, mi vesto e vado al mercato dei fiori. Ho imparato ad utilizzare i viaggi in macchina per pregare. Prima di entrare nel mercato mi leggo il Vangelo del giorno con una piccola meditazione dalla quale mi porto una parola o una frase che mi accompagna durante la giornata. Dopo la spesa faccio un’altra colazione, vengo in negozio e comincio a sistemare i fiori e a preparare i vari ordini. A volte, a secondo degli impegni, purtroppo salto anche il pranzo. In funzione di eventuali altri ordini nel pomeriggio torno al mercato con conseguente risistemazione dei fiori e preparazioni di ordini. In aggiunta a tutto questo c’è ogni tanto da allestire la vetrina, fare preventivi, appuntamenti con gli sposi, sopralluoghi in Chiese e location per disegnare insieme il giorno del loro si. Chiudo il negozio tra le 19,30 e le 20,00 e torno a casa.
Visto che stai a Fidene da tanti anni cosa ci puoi dire del nostro quartiere? È cambiato o sta cambiando in questi anni?
Sono a Fidene da circa 15 anni. Quando sono arrivato qui mi sono trovato da subito molto bene. Lo paragonavo al mio paese per la somiglianza con questa via lunga che l’attraversa e la vicinanza della Chiesa. Quello che mi ricordo è che il quartiere era molto più pulito, molto più curato e decoroso. Con il passare del tempo si nota molta differenza in particolare nell’ambito delle attività commerciali: diversi negozi sono stati chiusi un po’ per il caro vita, nel senso di affitti non sostenibili per un quartiere come il nostro; si nota che a poco distanza si aprono attività similari se non uguali e questo porta la gente ad uscire dal quartiere perché non vi è varietà di proposte; e infine mi sembra siano poco valorizzate le vie interne di Fidene dove comunque ci sono diversi negozi.
Un altro cambiamento che noto è nelle persone: prima c’era una socialità più semplice e diffusa, adesso sembra che la gente si sia chiusa, pensi più a se, al proprio nucleo. A volte non ci rendiamo conto che abbiamo accanto qualcuno che ha bisogno e ce ne accorgiamo solo quando sentiamo l’ambulanza. Fortunatamente ancora ci sono e conosco persone che si aprono al prossimo. Ricordo che sono stato letteralmente salvato da una mia vicina che aveva l’abitudine di venirmi a salutare tutte le mattine, a chiedermi come stavo; e fortunatamente è passata anche il giorno in cui stavo veramente male.
C’è qualche suggerimento che ci potresti dare?
Dare suggerimenti non è sempre facile. Sicuramente è un sentire comune quello di una pulizia più costante e duratura. Poi un po’ più di ordine, forse difficilmente realizzabile, perché le persone sono tante e le macchine sono tante, ma una piazza come piazza dei Vocazionisti dove si parcheggia sempre in doppia fila qualche striscia per i parcheggi ci potrebbero anche stare. È vero che le piante a volte se le rubano, ma è anche vero che la rotatoria dove c’è la statua di don Giustino, che non è importante solo per la parrocchia, la si trova sporca e poco curata. Probabilmente anche qualche pianta in più fuori dai negozi potrebbe aiutare il decoro del quartiere.
Che rapporto hai con gli altri commercianti? C’è amicizia, conoscenza, eventualmente solidarietà e collaborazione?
All’inizio, ovvero appena aperta l’attività, c’è stato un rapporto si potrebbe dire “di buon vicinato” con educati e cordiali saluti anche perché, pur stando qui da 15 anni, non conoscevo tutti. Aperto il negozio si sono avvicinati, sono venuti a vedere e più che collaborazione è nato un rapporto umano, c’è condivisione nel senso che si parla dei problemi e di cosa si potrebbe fare e cosa no. È nato un bel rapporto. Di collaborazione ce n’è poca perché ognuno di noi ha la sua tipologia di lavoro, però quando qualcuno di noi ha bisogno della prestazione di un altro senz’altro ci si aiuta. Questo è comunque vero soprattutto tra negozianti che lavorano nelle vicinanze. Più difficile è organizzare delle iniziative che possano coinvolgere tutti i commercianti, come durante le festività, per rendere più accoglienti i nostri negozi. Una cosa carina che io faccio e che fanno anche altri commercianti è quella, quando dobbiamo fare dei regali, di comprarli nei nostri negozi del quartiere differenziandoli in modo da poter incentivare il lavoro a più negozi possibile.
Abbiamo capito, da quanto ci hai finora detto, che sei una persona di fede: ci potresti dire qualcosa in più del tuo rapporto con Dio?
Il mio rapporto con Dio ad oggi è quello di Padre, fratello e amico. Per me è colui che da forza, che incentiva a fare di più e comunque accetta il tuo limite. Perché importante per tutti noi è saper accettare il nostro limite e non andare oltre. Il mio rapporto con Dio si è intensificato da quando ho perso papà in giovane età, rapporto che è cresciuto con gli anni e che per me è vita. È un rapporto particolare quello con Dio perché è un rapporto con un ente che non vedi ma che senti e quel sentire lo percepisci solo dentro di te. Una cosa che auguro sempre a tutti è di conoscerlo ed imparare ad amarlo, ma soprattutto a conoscere l’amore incondizionato che Lui ha per ciascuno di noi.
A maggio prossimo verrà canonizzato don Giustino. Tutti noi del quartiere abbiamo sempre visto la sua statua nella piazza principale e magari in pochi conoscono la sua vita e la sua missione come fondatore dei padri Vocazionisti e delle suore Vocazioniste. Qualche anno fa tu, insieme a un gruppo di parrocchiani, avete deciso di mettere in scena una rappresentazione teatrale “avvicinandolo” un po’ di più a tutti.
Come è nata l’idea di raccontare la storia così come l’avete raccontata? Come hai vissuto quell’esperienza e cosa ti ha lasciato?
L’idea di raccontare don Giustino è nata quasi e caso; stavamo facendo un ritiro con i ragazzi di cresima; durante il pranzo condividevamo, oltre il cibo (orecchiette al pesto e pomodorini gentilmente preparate dalle mani amorevoli della super cuoca della canonica), anche alcune idee e tra queste era venuta fuori quella di fare un’attività per raccontare don Giustino; e io ho detto: “ma di chi? di quel coso in piazza?” e tutti a ridere. Ma in effetti sentivo che era la verità, perché anch’io quando sono venuto a Fidene agli inizi mi ero chiesto chi fosse. Allora abbiamo iniziato a fantasticare su come fare, sulle eventuali audizioni di chi volesse partecipare, tutto come un gioco, stavamo scherzando. Poi don Giuseppe ci ha dato un video sulla vita don Giustino e la cosa è diventata un po’ più seria. Mi ricordo che mi sono seduto alle 21,30 e mi sono alzato alle 5 del mattino con il copione pronto. Pronto per modo di dire, perché è stata un’attività di gruppo dove ognuno contribuiva con la propria idea e quindi quella bozza di copione iniziale è stata successivamente integrata, corretta, modificata, finché alla fine ne è uscito un vero e proprio musical sul sogno di don Giustino. Quando ci penso ancora mi emoziono per lo spirito di condivisione che abbiamo vissuto, ma anche per l’idea di fondo che ci ha animato: far collaborare al progetto le famiglie, i giovani, gli anziani e unire i vari gruppi della parrocchia.
Cosa mi ha lasciato? Una grande gioia, quella di avermi fatto vivere qualcosa che già avevo dentro. Fin da bambino partecipavo a recite, cantavo nei vari concorsi, ecc… Il Signore mi aveva dato anche questo come dono ed era sbagliato lasciarlo nel cassetto così come il dono della creatività. Ma ancora di più mi ha fatto conoscere un santo uomo che è stato tanto importante per la mia vita in quel periodo, mi ha lasciato tante amicizie vere, con legami forti che perdurano con il passare del tempo e questo non ha prezzo.
Per finire una domanda che ci riguarda in prima persona, cosa ne pensi di questa iniziativa di un giornalino di quartiere?
Ne penso un gran bene. Credo che sia una iniziativa importantissima perché permette di conoscere le varie realtà del quartiere, di ciò che viene fatto e di ciò che si vive. Ma il servizio che più mi piace di questo giornalino è quello di veicolare delle testimonianze di vita vissuta nel quotidiano perché queste esperienze possono portare tanti spunti di riflessione anche nelle persone che le leggono. Ogni testimonianza, ogni esperienza portano in sé il seme dell’umanità.
Forse deve essere un po’ più valorizzato e pubblicizzato.
Qui termina la nostra intervista e i nostri ringraziamenti non si limitano più al solo tempo che ci hai concesso, ma a quanto hai desiderato condividere con noi e i lettori anche su aspetti molto personali della tua vita.

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