Il capo perfetto – recensione

di Salvatore Cusimano

Blanco (Javier Bardem), proprietario di una storica azienda spagnola di bilance industriali, amato e stimato dai dipendenti per la sua grande umanità, è in gara con la sua impresa per un premio di eccellenza locale. Considerato da tutti un capo magnanimo, è disposto a tutto pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti, sia personali che di lavoro, in modo tale da consentirgli di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. La tensione sale per la visita di una ispezione della commissione del premio ed una serie di errori e comici disastri che Blanco inizia a collezionare lo porteranno a dover dimostrare di essere davvero un capo perfetto.

È stato definito una commedia perché si ride, si ride di continuo, ma il film non merita di esser contenuto in una definizione tanto rigida. Questa commedia nera, che ricorda quasi i lavori di Woody Allen, è incentrata sul mondo del lavoro: la precarietà, la disoccupazione e soprattutto la sua instabilità.

Essendo, come detto, una commedia nera, caustica, alla fine della risata si resta con l’amaro in bocca, con situazioni che si complicano anziché risolversi, dalle più semplici alle più complesse. A ogni scelta di Blanco & company il film diventa sempre più dark. E verso la fine la commedia si trasforma in thriller e anche peggio, ma per l’appunto senza perdere mai il sorriso. Javier Bardem, in questo suo ruolo ci regala uno dei migliori ruoli della sua carriera: affascinante, abile, manipolatore, sempre in bilico tra farsa e dramma, l’attore spagnolo si rivela di una bravura incredibile e tutto il cast gira intorno a lui in modo assolutamente perfetto, aiutato da una sceneggiatura, anch’essa scritta dal regista, che lascia lo spettatore sull’attenti, dall’inizio alla fine, in un continuo crescendo nel quale vediamo aggiungersi maschere alla tragedia.

Quello che colpisce de “Il capo perfetto” è la difficoltà nel distinguere eroi e cattivi, tra luci ed ombre del mondo del lavoro e la sua precarietà. A simboleggiare la morale della pellicola una bilancia, posta all’entrata dell’azienda, che non sta mai in equilibrio, così come la vita del protagonista.

Si apre anche uno spaccato su una tematica estremamente e drammaticamente attuale, quella della precarietà del lavoro e lo si fa attraverso uno stile che mescola bene i generi, regalandoci un’opera dal sapore leggero, con elementi comici e drammatici a contrapporsi proprio come necessiterebbero i pesi della bilancia da cui “Il capo perfetto” è simboleggiato: tutto è calibrato, tutto è in equilibrio.

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