Oltre la normalità

di Federico De Rosa

Proseguiamo il nostro discorso sulla normalità iniziato con il mio articolo sul numero precedente di Fidene in Rete che spero abbiate letto.

La riflessione che propongo oggi punta al cuore della logica di esclusione di noi non normali e questo cuore è il dolore per la disabilità.

Quando due genitori ricevono la diagnosi di disabilità di un figlio, vengono travolti da un immenso dolore che coinvolge tutta la famiglia allargata e che potremmo riassumere nell’affermazione: “Mio figlio non è normale e quindi non potrà essere felice”.

Tutta la società ritiene che questa affermazione sia vera ed incontrovertibile e che quindi il dolore sia logico e poco si possa fare oltre che consolare.

Ora mi dispiace mettere in crisi le vostre certezze ma io sono disabile, in particolare sono autistico, e sono proprio felice e penso che la mia vita sia meravigliosa.

Perché meravigliosa?

Perché stanotte ho dormito alla grande in un letto molto confortevole. Mi sono svegliato ed ho fatto colazione mangiando cose buone.

Poi, siccome oggi è sabato, con mio padre abbiamo fatto una bella, rilassante camminata nel bosco di Villa Ada.

Poi tornati a casa, meravigliosa doccia ristoratrice e poi pranzetto con papà e mio fratello.

Lo vedete quanto la vita è meravigliosa?

Certo come persona autistica tante cose non sono capace di farle ma io faccio le altre, quelle alla mia portata, e sono felice lo stesso.

Diciamo che non posso essere normalmente felice e quindi sono diversamente felice.

Ma poi, cosa vuol dire essere normali? Io non l’ho mai capito. E poi, questi autoproclamati normali sono felici? A me non sembra proprio. Sono troppo complicati ed hanno pretese troppo gigantesche verso la vita.

Allora io vorrei ristabilire il diritto alla felicità non solo per noi autistici ma per tutta la sterminata galassia di definizioni che i normali hanno creato per noi persone diverse fisicamente o mentalmente, creato nel disperato tentativo di placare la paura che i normali hanno per il limite.

Avere limiti è vita e considerarsi normale mi appare l’unico handicap veramente triste.

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