Monte Secco negli anni 50

di Chiara Cicconi

Prima del periodo Fascista, nel quadrante nord-est della città, sulla collina dove ora sorge il quartiere di Roma denominato Fidene, c’erano solo pascoli.

A breve distanza dalla Salaria, si trova il terminal di Roma Smistamento che nasce in pieno fascismo con il nome di Scalo Littorio e la sua funzione principale era di alleggerire il carico della stazione di San Lorenzo.

Il 19 luglio 1943 fu uno degli obiettivi del massiccio bombardamento    dell’aviazione statunitense. Decine di ferrovieri persero la vita.

Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nei primi anni ‘50 del secolo scorso, vennero venduti, tramite una cooperativa, i primi lotti di terreno sulla collina dove ora sorge Fidene e si iniziò a costruire il primo insediamento urbano, che nacque senza alcun piano regolatore, per la mancanza di una legge certa sull’argomento, vuoto legislativo dovuto alla transizione tra lo Statuto Albertino e la Costituzione Italiana nascente.

Questa collina, inizialmente, venne chiamata “Monte Secco” per la totale mancanza d’acqua, che era necessario andare a prendere allo Smistamento, trasportandola con dei secchi.
I primi abitanti di “Monte Secco” provenivano dall’Abruzzo, dalle Marche e, in minima parte, dalla Sardegna e dal Veneto.
Erano per lo più operai che, lavorando a Roma, vennero a conoscenza, probabilmente tramite un passaparola, della vendita di questi lotti.

Avevano lasciato le famiglie nei paesi di origine, abitavano, affittando delle stanze, nella zona di Labaro, dove era già presente un nucleo abitativo.

Una volta comprati i terreni, fecero trasferire anche le famiglie per iniziare a costruire le loro abitazioni.

Da Labaro, per raggiungere Monte Secco, era necessario attraversare il fiume Tevere a bordo di una barca che partiva a orari precisi.

Una volta eretto il primo appartamento della costruzione che intendevano realizzare, potevano iniziare ad abitarci per evitare di dover attraversare ogni giorno il fiume e non pagare più alcun affitto.

Furono anni di duro lavoro. La zona non provvista di strade né di una rete fognaria, era circondata dalla campagna e, nella percezione dei suoi primi abitanti, non ancora facente parte di Roma.

In quegli anni le famiglie si conoscevano tutte e si aiutavano in molti modi; c’era chi affittava stanze per dei piccoli nuclei familiari che stavano iniziando a costruire ma, l’affitto di una stanza a una giovane coppia, comportava che si creasse un unico grande nucleo familiare.

Si viveva come in un paese e i bambini andavano a scuola all’interno di una palazzina in quella che ora è via Chitignano, frequentando un’unica classe.

Nei propri terreni si coltivava l’orto e si allevavano animali per il sostentamento della famiglia che, spesso, era numerosa.

Tutti, compresi i più piccoli, venivano coinvolti nella costruzione dell’edificio e tutti potevano essere d’aiuto anche solo mescolando la calce.

Ai Padri Vocazionisti, presenti a Fidene dalla fine degli anni ‘50, venne affidata la cura della parrocchia di Santa Felicita e Figli Martiri.

Prima della costruzione della Chiesa, la messa veniva celebrata in un locale, tipo garage, che si trovava in fondo a via Sinalunga, la via chiusa di fronte a piazza Santa Felicita, la piazzetta del mercato rionale.

Il 25 dicembre del 1965, Papa Paolo VI celebrò la messa di Natale nella Chiesa di Fidene e, per l’occasione, venne asfaltato un pezzo di Via Radicofani.

Subito dopo il suo arrivo, avendo constatato le condizioni di vita di quella che veniva chiamata “Borgata” Fidene, si adoperò perché iniziasse la costruzione delle fognature e della strada principale e tutto il terreno di scarto che ne derivò venne buttato i in un canalone che si trovava nel parcheggio adiacente a Piazza Stia, infatti nel piazzale che si creò non si costruirono mai delle palazzine perché formato con materiale da riporto e quindi instabile. Nel 1975 venne posta, al centro di piazza Vocazionisti, la statua di Don Giustino Maria Russolillo realizzata da Alvaro Passeri.

E la storia continua…

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