
Quando a febbraio 2021 la casa editrice Typimedia mi ha proposto di scrivere un libro sulla storia di un quartiere di Roma, ho scelto Fidene perché la musicalità del nome è risuonata subito in me, e così è iniziata l’avventura. Dal primo autobus, il 235, che ha lasciato la Salaria per inerpicarsi su via Radicofani, un sinuoso serpentone che attraversa il quartiere, alle interviste con gli abitanti, fino alla pubblicazione del libro, “La storia di Fidene Nuovo Salario, dalla preistoria ai giorni nostri”, in vendita su internet e nelle librerie ed edicole di Roma.

Curiosità e passione sono stati i motori di quest’avventura, alimentati non solo dalle mie ricerche, ma soprattutto dalle persone che ho incontrato: desiderose di parlare, impazienti di trovare nuove parole per raccontare la propria vita, che è anche la storia del quartiere.
Una storia complessa e articolata, come le strade che attraversano Fidene, a volte strette, ricche di curve e di saliscendi, ma anche di panorami che si insediano nel cuore senza chiedere permesso.

Fidene è Roma ma a distanza: la sua storia inizia molto prima della nascita della capitale. Quando Romolo fonda la città, Fidenae è già prospera ed indipendente, e tale è rimasta negli anni, nonostante le dominazioni e le varie guerre che l’hanno cambiata. Di Roma c’è appena un sentore, ti sfiora l’idea di essere nella città per la cadenza con cui parlano gli abitanti, per gli autobus rossi che si arrampicano sulle strade in salita; perché ti giri e in lontananza, sulla linea dell’orizzonte, c’è San Pietro che si staglia in tutta la sua imponenza.

Ma Fidene è un microcosmo fatto di tante storie, di sacrifici, di orgoglio e di solidarietà.
Da estranea, cerco su internet cosa vedere nel quartiere, e il primo risultato è la capanna protostorica: in via Quarrata il passato convive in modo discreto e silenzioso con il presente.

Uno stralcio di preistoria che non vuole essere dimenticata. La vita va avanti con la lentezza e la quiete dei quartieri residenziali, qui dove già nell’800 a.C. altri uomini dimoravano, e vivevano altre abitudini, altre vite. Ma il cuore di Fidene è altrove, nelle parole degli anziani, di uomini e donne che hanno costruito le case con le proprie mani, con un impasto di malta e sudore.
Queste storie sono a portata di mano: percorro via Radicofani e mi fermo alla pompa di benzina Q8, incuriosita da una signora anziana che siede tra gli pneumatici. È Bruna, il viso modellato dal tempo e dalle rughe, i ricordi vivi e gli occhi immersi nella memoria. Quell’edificio che oggi ospita il gommista, nel 1950 era la sua casa. Una palazzina alta tre piani, ma lei e la famiglia abitavano solo il primo, perché non c’erano soldi e tempo per arredare tutta la palazzina. E questa di Bruna è la storia di tutte le case di Fidene, nate perché i muratori che lavoravano “a Roma” avevano bisogno di un luogo in cui stabilirsi.

Villette restaurate e nuove affiancano le case degli anni Cinquanta, e anche stavolta il passato convive in pace con il presente. Cammino per Fidene alla ricerca di tracce che mi facciano scrutare da vicino la sua storia: in largo Santa Felicita c’è il mercato, ma anche il circolo degli anziani, che negli anni Sessanta era un prefabbricato in cui i bambini andavano a scuola. Ripercorro le vie seguendo le parole di Giovanni Sozi, un insegnante di Fidene che ne ha raccontato la storia, e passo per via Chitignano e via Ortignano: quali siano gli edifici dedicati alla scuola non lo so, ma c’è silenzio.

Le urla dei genitori che negli anni Sessanta protestavano per ottenere un edificio scolastico per i figli riecheggiano ormai solo nei libri.
La storia di Fidene continua nella farmacia che la dottoressa Aida Calvani ha fondato nel 1964: il dottor Anselmo, detto Mino, parla con fierezza della mamma che si è trasferita da Pisa in questa periferia abbandonata di Roma; una scommessa lavorativa e di vita, dai sapori controversi del rischio e della vittoria. La farmacia c’è ancora, con i dottori Mino e Sergio Caselli, nipote di Aida e responsabile del comitato di quartiere.

Risalendo via Radicofani, il passato lascia il posto al presente: graziosi villini residenziali occupano le vie più interne, e gli spazi vuoti tra gli edifici sono occupati dai colori della lontana Roma. Le storie iniziano a farsi più attuali, e dalle labbra di don Giuseppe Surace, all’epoca prete vocazionista della parrocchia di Santa Felicita, ritrovo la solidarietà e l’accoglienza di Fidene nei confronti degli stranieri e delle persone in difficoltà.

Sin dalla sua nascita, a fine anni Cinquanta, Fidene è un quartiere di “immigrati”: i primi abitanti sono infatti abruzzesi, molisani o ciociari che vengono a Roma in cerca di lavoro; oggi comunità straniere convivono serenamente con quelle locali, all’insegna di una diversità che arricchisce.
E tra gli attori dello sviluppo di Fidene ci sono anche i giovani, che con le loro iniziative donano un nuovo respiro al quartiere: parco Labia è investito dall’entusiasmo e dalle iniziative dei ragazzi che gestiscono il bar, e di tutti gli altri che, guidati dalla propria stravaganza, realizzano progetti che arricchiscono l’identità molteplice e multicolore di Fidene.
Musica, arte, cultura, storia, buona cucina: un viaggio tra i sensi, per apprezzare ogni sfaccettatura del quartiere.
Sono stupita dall’ospitalità e dalla gentilezza di tutte le persone che ho incontrato, e che hanno reso possibile la scrittura del mio libro; ma la vera gratitudine sta nella condivisione delle storie e nel contatto intimo che si è creato. Una prossimità di esperienze e di emozioni che ha oltrepassato la scrittura del libro, e si è insediata più in profondità, lì dove le storie acquistano un valore estremamente umano, e le persone si svelano nella loro essenza più vera.
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