di Simona Galia
Abbiamo deciso di dedicare una rubrica del giornalino all’Educazione civica o, in accordo al decreto legge 137/2008, Cittadinanza e Costituzione.
Perché questo particolare interesse? Perché, come recita il primo comma dell’articolo 1 della successiva Legge 92/2019, che ha introdotto nel primo e nel secondo ciclo di istruzione l’insegnamento obbligatorio dell’Educazione civica e ambientale:
“L’educazione civica contribuisce a formare
cittadini responsabili e attivi e a promuovere
la partecipazione piena e consapevole alla
vita civica, culturale e sociale delle comunità,
nel rispetto delle regole, dei diritti e dei
doveri”
Perché lo sport? Lo sport è capace di educare la mente dei giovani (e non solo) al rispetto delle regole. Mi raccontava un mio amico che, a un ritiro del gruppo di nuoto agonistico a cui aveva partecipato il figlio, i ragazzi venivano abituati a rimanere a tavola fino a che tutti non avessero finito di mangiare, a mangiare quello che trovavano nel piatto e a finirlo, a rispettare una certa dieta, tanto per fare degli esempi.
L’attività sportiva mette tutti sullo stesso livello, ognuno è libero di dare il massimo per raggiungere il traguardo rimanendo consapevole che lo spirito di squadra, di gruppo, consente il raggiungimento di mete che da soli sarebbero impossibili; inoltre, è una disciplina che premia la vittoria, ma valorizza anche la partecipazione; facilita la socializzazione, il rispetto reciproco e anche se si è tra amici prevale la serietà, il rigore nel rispetto delle regole e il raggiungimento del risultato…
Come sempre la storia ci guida. Già nell’antica Grecia lo sport era importante nell’ambito militare, per il raggiungimento di vittorie e il superamento di primati, ma anche per la formazione del cittadino e, quindi, più in generale per la formazione dell’essere umano come singolo e come comunità. Platone ne evidenziò il carattere educativo pur criticandone, come più tardi fece anche Aristotele, l’agonismo esasperato e, al contrario, appellandosi al concetto di “misura”, che si tradurrà poi in Aristotele come giusto mezzo. Tuttavia, la concezione greca considerava lo sport un’attività riservata solo ai maschi fisicamente perfetti e ai nobili. Fu solo con la carta olimpica della fine del XIX secolo che, per la prima volta, si iniziò ad affermare il carattere ecumenico dello sport, come un’attività a cui tutti potevano accedere e proponendo, seppure faticosamente, la diffusione dei valori di uguaglianza, fratellanza e lealtà dallo sport alla società (per approfondimenti storici, si rinvia a “Lo sport: breve excursus storico” Maria Aiello, dal Seminario di studio, novembre 2005, Pontificio Consiglio per i Laici, sezione Chiesa e sport).
Oggi siamo di fronte a un quadro ben più complesso, fatto di rapporti tra organizzazioni sportive, enti, associazioni e governi nazionali. Di fronte alla globalizzazione dello sport non andrebbe affatto trascurato il valore del dialogo. Lo sport, infatti, partendo da un’universale concezione e da una visione univoca del rapporto con l’essere umano favorisce la relazione tra popoli, culture, etnie, religioni diverse senza strappi o lacerazioni e in piena armonia.
C’è, tuttavia, anche il rischio che lo sport diventi pura tecnica, ricorrendo a un uso esasperato di rigidi metodi di allenamento, di eccessive strategie di gara, di uso di materiali ultrasofisticati o addirittura di farmaci, oppure che l’aspetto economico prevalga sulla sua primaria valenza educativa e formativa o ancora che anziché costruire una vera cultura sportiva si riduca a quattro chiacchere al bar oppure finisca per essere solo un modo per idolatrare questo o quel campione o che essere sportivi significhi comprare accessori, scarpe sportive, abbigliamento…(“Lo sport è educazione civica”, pubblicato su Sportivissimo, aprile 2013, Luigi Borgo).
Questa estate abbiamo assistito al trionfo dello sport vero e ci siamo entusiasmati per i tanti traguardi che gli atleti, in particolare italiani, nel calcio, nel tennis, nella pallavolo e nelle varie specialità olimpiche hanno raggiunto. Per non parlare delle tante vittorie, soprattutto delle atlete, nelle paraolimpiadi dove più che il conseguimento di un nutrito medagliere hanno trionfato l’inclusione e l’abbattimento di qualunque barriera fisica e mentale. Le storie di queste ragazze e ragazzi raccontano di vite spesso attraversate dalla sofferenza, dalle difficoltà brillantemente superate con la fatica, il sacrificio, la forza di volontà, il grande desiderio di porsi e di raggiungere obiettivi ambiziosi proprio attraverso lo sport. Sono giovani che, grazie anche alla vicinanza e al sostegno delle famiglie, finalmente riescono a tirar fuori e a dimostrare tutto il loro valore.
Forse bisognerebbe ripartire proprio da qui e proprio da loro, i giovani, che hanno riscoperto e ci hanno fatto riscoprire lo sport genuino, che è vita, proprio perché fatto di difficoltà, incoerenze, lacune che, se affrontate con grande impegno e dedizione, possono portare a ottimi risultati e alla formazione di donne e uomini adulti e responsabili. Siamo tutti consapevoli che lo sport è, quindi, espressione di grandi valori di civiltà e rappresenta la via maestra per formare sicuramente dei buoni cittadini.
Perché allora non renderlo accessibile a tutti e non solo a chi può sostenere, a volte anche con grandi sacrifici, le spese per frequentare corsi presso associazioni sportive, società private seppure ambienti sani, ben organizzati, con ottimi istruttori? Soprattutto aiutando di più le famiglie che spendono ingenti cifre per lo sport dei propri figli preferendo rinunciare a qualcos’altro pur di mantenerli nell’attività sportiva.
A partire dalla Scuola si potrebbe dare un peso predominante allo sport riconoscendolo come una disciplina almeno pari se non superiore alle altre, come materia curriculare, incentivandola soprattutto in ambito scolastico e poi extrascolastico premiando e agevolando i ragazzi che si impegnano in qualunque disciplina sportiva. Si darebbe così un grande contributo alla formazione tra i giovani di una cultura basata sul vero progresso umano e l’integrazione. Concludo citando l’ultima frase di un articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera “La nostra Costituzione, che pure come è noto è la più bella del mondo, non contiene nemmeno una volta la parola «sport». Per puntare sui giovani, si potrebbe cominciare da lì”.
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