di Chiara Cicconi

La violenza psicologica, che spesso sfocia in quella fisica, sta diventando un problema molto evidente anche grazie alle donne coraggiose che la denunciano e che tentano di uscirne. Purtroppo ha retaggi e motivazioni molto antiche. Con il progresso e l’evoluzione, stanno cambiando i costumi e le abitudini all’interno della società e della famiglia e alcuni uomini hanno difficoltà ad abituarsi, soprattutto se provengono da famiglie dove tali cambiamenti non sono mai stati accettati, in cui la figura dominante e di riferimento è l’uomo a cui devono sottomettersi sia la moglie che i figli.

Quando uomini cresciuti con tali modelli, tentano di creare dei loro nuclei famigliari, ripropongono le abitudini con le quali sono stati cresciuti perché è l’unico modello di famglia che hanno a disposizione e quindi si ritrovano a comportarsi come ha sempre fatto il padre con la madre e con i figli. Iniziano il loro processo di sottomissione in cui tentano di sminuire in tutti i modi la donna che scelgono come vittima anche se questa ha una posizione di rilievo nella società ed è indipendente economicamente. Riescono ad individuare una mitezza di carattere o delle insicurezze nascoste, su cui faranno leva per sottometterle psicologicamente. Questo genere di sottomissione non è facilmente individuabile ma è, invece, molto subdola e sotterrenea fatta di frasi o affermazioni che minano lentamente la sicurezza della donna che hanno scelto. Fanno leva sul senso di colpa e, quando vengono fatte loro delle rimostranze per taluni atteggiamenti, non gli danno importanza, facendo passare per visionaria ed esagerata la persona che glieli sottopone come comportamenti spiacevoli, minandone, in tal modo, la sicurezza. 

Uomini con tali comportamenti hanno un profilo psicologico di tipo narcisistico. Sono uomini che hanno bisogno di dimostrare la loro superiorità in ogni occasione e si arrabbiano molto quando qualcuno ottiene risultati migliori dei loro, dimostrando così una maggiore bravura in taluna disciplina sportiva o in quel determinato lavoro. Con questo tipo di atteggiamento mentale, la moglie o compagna non può avere un lavoro più prestigioso del loro o guadagnare di più perché si sentirebbero sminuiti e, anche quando la donna ha un lavoro più importante ma d’ufficio, tentano in ogni modo di farlo passare, ai suoi occhi, di minore importanza rispetto al loro impiego che, spesso, è basato sullo sforzo fisico. Con il trascorrere del tempo, ogni azione che compie la donna, risulta sbagliata o non fatta nel miglior modo possibile. Tutto ciò che cucinerà non risulterà mai abbastanza buono e, su un milione di lavori svolti in casa, il suo compagno scoverà l’unico che non sarà riuscito perfettamente, pur di farla sentire inadeguata anche se rincorre la perfezione continuamente per accontentarlo in tutto.

Con il tempo questi uomini pretendono di limitare ogni libertà personale della donna che hanno accanto, impedendole di frequentare gli amici di sempre o i suoi parenti, compresi i genitori. Anche questo condizionamento non avviene in modo evidente ma, ogni volta che la loro donna accetterà di uscire con i suoi amici da sola, perché lui lavora o non ha voglia di uscire, quando rientrerà a casa, dovrà fare i conti con le sue scenate di gelosia o la necessità di raccontare ogni particolare del tempo trascorso fuori, fino a far diventare queste uscite più un problema e una preoccupazione che un evento piacevole. Alla fine, seppur a malincuore, smetterà, di sua volontà, di  accettare gli inviti che le verranno proposti, giustificandosi in ogni modo, pur di non dover subire quel genere di pressione psicologica ad ogni rientro a casa.  Dopo alcuni rifiuti da parte sua, non capendone le motivazioni, gli amici e i parenti smetteranno di cercarla e così, l’uomo che ha accanto, avrà ottenuto esattamente ciò che voleva: isolarla totalmente ed averla, così, in suo posseso, sottomessa totalmente. A questo punto è molto facile passare dalla violenza psicologica a quella fisica perché lei non sarà in grado di ribellarsi e nessuno si accorgerà dei segni, molto evidenti, lasciati da questo genere di violenza. Più trascorrerà il tempo e più la furia di quest’uomo aumenterà in maniera esponenziale, fino ad arrivare al, così detto, “femminicidio”.

Vi domanderete come faccio a conoscere tutto questo, fin nelle sfumature. Le conosco perché ci sono passata ma sono riuscita ad uscirne prima di arrivare a permettere la violenza fisica.

E come ne sono uscita? Amandomi!

Un giorno mi sono guardata allo specchio e mi sono detta: “Ma vuoi trascorrere la tua vita così? Pensi di valere così poco?” La risposta è stata: “No, non voglio e non posso continuare a permetterglielo”.

La cosa fondamentale di cui bisogna rendersi conto, per riuscire ad uscirne, è che determinati comportamenti li abbiamo permessi noi, non ribellandoci. Ovviamente non è semplice decidere di uscirne. Ci vuole molto coraggio perché, spesso, ci si ritrova sole e si può prevedere che, le persone che fanno parte della nostra vita, non comprenderenno il motivo per il quale decidiamo di chiudere improvvisamente quella relazione visto che il nostro aguzzino faceva in modo che all’esterno apparisse tutto perfetto, quindi, andare a raccontare a parenti o amici cosa accadeva all’interno delle mura domestiche, è molto difficile e spesso genera un moto di incredulità. L’unico modo per riuscire a procedere in questo processo di liberazione, senza ricadere negli stessi meccanismi, è rafforzare la propria autostima e l’amore per sè stesse e comprendere, anche, che il sentimento dell’uomo che avevamo accanto non poteva definirsi in alcun modo “Amore” perché l’Amore protegge, rende felici, aumenta l’autostima, dona un senso di libertà, aiuta a migliorarsi e molto altro.

Spesso, le donne che pensano di uscire da una relazione così dannosa, sono frenate anche dalla presenza di figli avuti con l’uomo in questione. In questi casi, è ancora più importante uscirne anche per i propri figli, per non far credere loro che quel genere di rapporto sia giusto e normale e, per quanto riguarda i figli maschi, non farli diventare, in futuro, esattamente come il loro padre o, per le figlie femmine, non farle cadere sottomesse con lo stesso genere di uomo. 

Un consiglio che voglio dare alle donne che si trovano in questa situazione e hanno compreso di volerne uscire ma non sanno come fare o hanno paura di non trovare il coraggio o di non poter avere il sostentamento economico necessario o un posto dove andare, è di chiedere aiuto. Ci sono molte associazioni che sono nate proprio a questo scopo e possono dare sostegno psicologico, legale e materiale.

Siamo noi donne a dare a questi uomini il potere che pensano di avere. Allo stesso modo possiamo decidere di toglierglielo.

Questo vale per ogni tipo di rapporto sociale: le persone possono farci solo ciò che gli permettiamo di fare.

Ci tengo a raccontare quale è stata la mia reazione emotiva quando ho capito che avrei potuto uscire da quel genere di relazione solamente se lo avessi voluto: mi sono sentita leggera, libera, non più in prigione, sentivo di poter respirare di nuovo e, il senso di oppressione che avevo provato fino a quel momento, era scomparso! In quel preciso momento ho anche compreso che parte della responsabilità per essermi trovata in quella situazione era la mia perché gli avevo permesso di imprigionarmi!

Potete uscirne: dovete amarvi e non permettere a nessuno di comportasi in quel modo con voi!

Ho scritto un’autobiografia in cui racconto anche questa esperienza. Il libro si intitola “Luce” edito dalla Casa Editrice Horti di Giano. Per chi è interessato a leggerlo, può trovarlo su Amazon o nello store della casa editrice.

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