di Simona Galia

In un’epoca in cui la tecnologia, il progresso e, conseguentemente, il benessere sembrano aver invaso le nostre vite migliorandole, mi domando come sia ancora possibile che il genere, così come il colore della pelle, la religione e qualunque altra diversità rappresentino un ostacolo alla convivenza civile e, sempre più spesso, un’occasione di violenza. Non è un controsenso? Riflettendoci bene, forse no se, migliorando le condizioni materiali, perdiamo di vista l’essenziale, ossia la dignità dell’essere umano, e la donna è ancora, per molti aspetti, uno degli anelli deboli della società.

Le problematiche relative alla donna, in famiglia, nel lavoro, in politica, in qualsiasi ambito, vengono affrontate sostenendo che la disparità di genere deriva dalla mancanza di cultura, di educazione, da una legislazione inadeguata, da squilibri economici, da mancanza di infrastrutture sociali a sostegno della maternità e della famiglia…tutto vero. Sicuramente è mancata la volontà politica di risolvere varie questioni e oggi la pandemia penalizza ancora una volta le donne, per la perdita di posti di lavoro, per l’aggravio di impegno a casa con i figli da seguire in DaD (Didattica a Distanza) e le pone in prima linea nell’emergenza sanitaria e nell’istruzione. I fondi europei offrono oggi alla classe politica, imprenditoriale, alle rappresentanze sociali, l’opportunità di investire per restituire, e in alcuni casi, per dare per la prima volta alle donne quei ruoli fondamentali e quel potere decisionale che meritano per il bene della collettività. Ma, oltre a quanto è doveroso attendersi dalle istituzioni, proviamo a partire da ognuna di noi, dalla nostra quotidianità, dalle nostre realtà. Se noi donne non riusciamo a emergere personalmente e professionalmente (quando vorremmo), non riusciamo a farci sentire, e subiamo violenze verbali, fisiche e psicologiche, domandiamoci perché ci arrendiamo a tale condizione, perché decidiamo per noi una vita di subordinazione e di remissività, convincendoci che sia giusto così, che non ci sono alternative e che questo destino è legato al nostro ruolo di moglie, di madre, di lavoratrice. Ricordiamoci che l’amore è amore solo quando ci dà gioia, serenità, appagamento, apertura verso il prossimo…non esistono accezioni negative dell’amore se non constatare che non si tratta di amore. Perché la libertà di scegliere e, quindi, di vivere non è una conquista o un premio che qualcuno può darci o toglierci, è un diritto per il solo fatto di esistere. Si potrebbe obiettare: e chi non ha gli strumenti? Chi non ha la forza per contrastare e superare tante difficoltà? Non dimentichiamoci mai che ci sono tante persone intorno a noi, i nostri genitori, le nostre sorelle e fratelli, gli amici, i conoscenti, i sacerdoti, le forze dell’ordine, che non dobbiamo rimanere sole e non siamo mai sole e dobbiamo chiedere aiuto. Non è una vergogna accorgersi di aver sbagliato e cercare qualcuno che ci tenda la mano. E chi sta intorno dovrebbe essere più consapevole, vedere, ascoltare, non scandalizzarsi di fronte a situazioni di disagio ma, piuttosto, farle proprie e condividerle.

I “nostri” figli saranno i futuri uomini. Un reale e visibile cambiamento di cultura parte proprio dall’educare loro, in famiglia e nella comunità, nella scuola, al rispetto reciproco, all’accettazione delle fragilità con tenera consapevolezza e responsabilità, rinunciando allo stereotipo del “maschio forte”. E il mio pensiero va a Giuseppe, sposo di Maria e padre di Gesù: esempio di uomo oltre il maschilismo rimasto sempre accanto a sua moglie e a suo figlio nelle numerose vicissitudini della loro vita con coraggio creativo (“Patris corde”, Papa Francesco), amore puro e incondizionato.

Concludo riportando due frasi tratte dal libro “Uomini è ora di giocare senza falli!” scritto dalla giornalista Tiziana Ferrario che testimoniamo quanto sia importante che gli uomini facciano sentire la loro voce e prendano una posizione in questo percorso evolutivo che necessariamente coinvolgerà tutti, donne e uomini, insieme.

“Non è sufficiente non essere un molestatore. È necessario alzare la voce ed esporsi se si vedono comportamenti inappropriati da parte di altri uomini. Tocca agli uomini farlo. Girare la testa dall’altra parte rende complici”.

Le battaglie di un secolo fa proseguono quindi fino ai nostri giorni, ma la novità è che ora appare chiaro che una vera rivoluzione per una società migliore debbano farla anche gli uomini insieme alle donne. Serve un’alleanza”.

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