di Martino Fabio

Dal 18 al 25 gennaio, come ogni anno, si è svolta la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Tante le iniziative svolte nelle diverse città italiane ed estere. Nel nostro piccolo anche a Fidene abbiamo voluto “ricordare” questo importante evento. Martedì 19 gennaio alle ore 18,00 la consueta celebrazione eucaristica serale è stata celebrata con la chiara intenzione di pregare per l’unità di tutti i cristiani e a seguire la sera alle ore 21,00, mediante una piattaforma on-line, abbiamo avuto un incontro con una esponente della chiesa luterana. Un incontro semplice e profondo nello stesso tempo, improntato sul rispetto e sulla conoscenza reciproca. L’ecumenismo, ci dice papa Francesco, è un cammino. Un cammino da fare insieme nella conoscenza reciproca, nella preghiera condivisa e nel fare insieme alcune cose anche pratiche.

La Chiesa è un mosaico, tante tessere, tante storie, tante vicende. Tutte intorno al Signore.

D’altra parte, noi cristiani abbiamo una missione ricevuta da Gesù che è legata all’unità tra noi. Non perché potessimo stare bene fra noi, non è un fine a sé stessa l’unità, ma “perché il mondo creda” (Gv 17, 21).

Il Concilio Vaticano II ha sottolineato che la divisione tra le comunità cristiane “non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura”. […] Se i cristiani vengono meno al loro essere segno visibile di questa unità, vengono meno al loro dovere missionario […]. In questo senso capiamo perché il lavoro dell’unità è essenziale per la nostra identità come Chiesa e perché san Giovanni Paolo II ha potuto scrivere nella sua enciclica Ut unum sint: “La ricerca dell’unità dei cristiani non è un atto facoltativo o di opportunità, ma un’esigenza che scaturisce dall’essere stesso della comunità cristiana” (Ut unum sint §49, cfr. anche §3).»

Certamente essere “una cosa sola” non è facile, lo sperimentiamo già nelle nostre famiglie dove pure ci vogliamo bene con il cuore.

Penso che ciascuno di noi abbia sperimentato che non è facile comunicare agli altri qualcosa della nostra vita con Dio, della nostra unione con lui nella preghiera. E poi per ognuno è molto diverso, ognuno di noi ha una sua specifica sensibilità, è toccato da qualcosa in particolare pur sentendo lo stesso brano del Vangelo o partecipando alla stessa liturgia. Quindi non c’è da meravigliarsi che la storia della Chiesa sia una storia segnata da incomprensioni, da divisioni, non privi d’intrecci culturali, politici, di mancanze di ascolto reciproco e di assenza d’amore, mancanza di accoglienza dell’altro, del diverso. Ci sono state delle guerre crudeli in nome della religione, lunghi periodi d’intolleranza e d’ignoranza verso l’altro.

Con il tempo è cresciuto un albero con tantissimi rami, a volte spezzati da qualche fulmine, più o meno forti, tutti vivi. Questa dell’albero è in’immagine molto usata nell’ambito ecumenico che fa vedere che la radice dell’albero è unica: Gesù Cristo, la sacra scrittura, il battesimo, il credo, il Padre Nostro – anche l’eucaristia pur non potendola ancora celebrare insieme.

Ci vuole una purificazione della memoria, una riconciliazione dopo le ferite subite reciprocamente nel passato. Abbiamo tanti pregiudizi da smontare. Ci conosciamo poco. Quindi ci vogliono delle occasioni, come quella che abbiamo avuto la possibilità di vivere, per conoscersi di più, di collaborare per la società che ci circonda, occorrono segni tangibili che facciano vedere che siamo in cammino insieme.

Come ha detto il teologo valdese Paolo Ricca: “Man mano che conosci gli altri cristiani diventi un nostalgico dell’unità […]”.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: