di Loredana Marella
In questo tempo di Coronavirus la Parrocchia di Santa Felicita e figli martiri ha proseguito la sua attività catechistica con modalità diverse e con le famiglie protagoniste di una riconsiderazione della Fede.
Avevamo da poco iniziato il cammino di Quaresima quando improvvisamente c’è stata l’interruzione totale e ciò ha portato a trovare soluzioni, a inventare strade nuove che in qualche modo permettessero di proseguire il nostro percorso.
Abbiamo fatto riferimento ai mezzi tecnologici, privilegiando il canale comunicativo di WhatsApp per poter continuare la relazione e trasferire le nostre proposte attraverso video e messaggi.
Siamo entrati nelle famiglie, nell’intimità delle case, invitando i bambini e i genitori a momenti di catechesi, di preghiera, di silenzi, di riflessione, di condivisione familiare, attraverso gesti semplici come accendere una candela e pregare insieme con la famiglia riunita.
I bambini hanno disegnato arcobaleni, piantato semi in segno di Speranza in un momento così buio e spaventoso.
Le proposte sono state accolte e supportate dalle famiglie, abbiamo raccolto feedback che sono stati poi condivisi con gli altri gruppi di catechismo e anche la domenica durante la Messa.
Nella Settimana Santa ogni casa è diventata una piccola Chiesa (sono stati allestiti piccoli altari della reposizione) e sentito la Passione di Gesù molto più profondamente.
In tutto questo tempo attraverso il canale YouTube abbiamo proseguito l’ascolto della Santa Messa con i nostri Sacerdoti Don Cristian e Don Giuseppe e seppur distanti tutto ciò ha permesso di sentirci uniti e meno soli e comunque è rimasto il senso di appartenenza alla nostra Comunità. I Sacramenti, per i quali i ragazzi si stavano preparando a ricevere, sono stati rimandati.
L’attesa aumenta il desiderio. Il desiderio di rivederci di nuovo Gesù Eucarestia, del dono dei Sacramenti.
Apprezzeremo tutto con un sentimento nuovo.
Tutto ciò che abbiamo vissuto è stato un momento duro e di prova ma ci pone un interrogativo ed una riflessione.
L’emergenza può essere considerata come un’opportunità, un nuovo modo per considerare la fede?
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